Tutto in una giornata, e senza sorprese. La legislatura è ufficialmente finita, nessuno spazio per ripensamenti last minute nonostante gli ultimi appelli per provare a votare lo ius soli. «Non abbiamo trovato i numeri e questo è un difetto dell’azione di governo», concede Paolo Gentiloni. Poche ore dopo il consiglio dei ministri dà il via libera ai decreti che fissano la data delle elezioni il 4 marzo, con la prima convocazione delle nuove camere per il 23. E il presidente Sergio Mattarella li controfirma. Le camere sono sciolte.

IL PREMIER GENTILONI sale al Quirinale alle 15 (ci tornerà in serata per la firma dei decreti elettorali), poco dopo aver terminato la sua conferenza stampa di fine anno, senza dimettersi. Dopo di lui si recano al Colle Pietro Grasso e Laura Boldrini per certificare che in parlamento non c’è una maggioranza che intenda andare ancora avanti. Il presidente del senato e leader di Liberi e uguali si intrattiene per una mezz’ora con il capo dello stato e al termine dell’incontro non rilascia dichiarazioni. La presidente della camera, anche lei ormai ufficialmente in campo con la lista formata dagli ex Pd, Sinistra italiana e Possibile, invece twitta il suo bilancio di un quinquennio che ha visto succedersi tre premier e prima le larghe intese (con Berlusconi) poi quelle ristrette (con Alfano): «La legislatura che si chiude ha approvato provvedimenti importanti sui diritti civili. Le scelte sulle politiche del lavoro hanno provocato più divisioni. Resta grande il rammarico per l’occasione mancata su cittadinanza, omofobia, cognome madri a figli. Da qui si riparte».
Insomma, è subito campagna elettorale. I simboli dei partiti andranno depositati al Viminale tra il 19 e il 21 gennaio), le liste dovranno essere presentate tra il 29 e il 31. Ma la corsa è aperta. Matteo Renzi firma un messaggio ai parlamentari del Pd insieme ai capogruppo dem uscenti di camera e senato, Ettore Rosato e Luigi Zanda, salutando la fine di «una legislatura tra le più produttive della storia repubblicana», addirittura inimmaginabile: «Nei primi mesi del 2013 quasi nessuno pensava possibile raggiungere traguardi così rilevanti». Ovviamente «larga parte del merito» va proprio ai parlamentari dem, ringraziati tutti «di cuore», chi resta in pista e chi sarà inesorabilmente fuori dalla feroce partita delle candidature.

SCATENATO MATTEO SALVINI: «Finalmente. Dopo sei anni di governicchi, di minestroni, di disoccupazione e immigrazione senza controlli, c’è una data, che è storica: sarà un referendum fra chi vuole difendere gli italiani e chi ci ha svenduto all’Europa, alla finanza e alle multinazionali». E torna a chiedere a Silvio Berlusconi «un impegno pubblico davanti agli italiani su alcuni punti fondamentali». «Basta una stretta di mano, siamo alleati, non concorrenti», la fa molto più semplice l’ex Cav.

SE I LEADER SONO GIÀ in campo con i loro slogan, del resto ci sono ancora questioni non proprio secondarie da definire, soprattutto per il Pd, che continua avere problemi di coalizione. L’alleanza con la lista «+Europa con Emma Bonino» ancora non c’è, anche se il renzianissimo Andrea Marcucci la dà per cosa fatta. Gli animatori di Insieme (il verde Bonelli, il socialista Nencini e il prodiano Santagata), la lista di «ispirazione ulivista», spediscono una lettera al segretario del Pd chiedendogli un incontro urgente. «Esprimiamo preoccupazione – scrivono – per l’assenza di un confronto politico e programmatico e per la difficoltà del Partito Democratico di esercitare il ruolo di promotore e di collante». E anche la gamba centrista della coalizione fatica a stare in piedi.

NEL FRATTEMPO YOUTREND fa un bilancio di fino anno per quanto riguarda i sondaggi, e la supermedia non è per niente incoraggiante per il Pd, che da gennaio perde 6,8 punti percentuali: un crollo. Mentre la fu Ap passa dal 3,6% all’1,2. Ne beneficia Forza Italia, che cresce di 3 punti da inizio anno (la media dei sondaggi la dà ora al 15,8%) e non a scapito degli alleati. Per quanto riguarda la sinistra, Si a inizio anno era data sotto il 3%e Leu oggi raggiunge il 7. Perde uno 0,7% il M5S, restando intorno al 28%.