Sarà probabilmente affidato ai presidenti dei gruppi parlamentari di camera e senato, riuniti insieme, il compito di sperimentare forme di dialogo tra maggioranza e opposizione nella gestione dell’emergenza. È questo l’esito dell’iniziativa di Sergio Mattarella, che da tre giorni ha impresso un’accelerazione al suo consueto lavoro di tessitura tra le istituzioni. Da quando al cimitero di Brescia ha detto chiaramente che è il momento di «mettere da parte partigianerie, protagonismi, egoismi, per unire gli sforzi, di tutti e di ciascuno nell’obiettivo comune di difendere la salute delle persone e di assicurare la ripresa del nostro paese», il capo dello stato ha prima sentito i vertici della conferenza delle regioni e ieri ha ricevuto al Quirinale la presidente del senato e il presidente della camera. Il centrodestra che la settimana scorsa aveva detto no a tutte le proposte di tavoli, commissioni speciali e altre sedi dove avviare il confronto, adesso non si oppone più alla convocazione di un organismo che ha questo scopo dichiarato.

Il presidente della Repubblica, spiegano al Quirinale, ha posto all’attenzione di Elisabetta Casellati e di Roberto Fico il tema della centralità del parlamento anche nella lotta alla pandemia e la necessità che il dialogo tra maggioranza e opposizione venga stimolato. Non sta al presidente indicare le soluzioni a queste necessità e le forme per consentire il dialogo, ma certo quella della conferenza dei capigruppo congiunta, ipotesi alla quale lavorava già da un po’ il presidente della camera Fico, è quella che si presta meno alle obiezioni del centrodestra. Che invece si oppone con più nettezza a qualsiasi comitato. Salvini e Meloni, meno Forza Italia, hanno ripetuto lunedì nelle aule parlamentari che a loro giudizio l’offerta di collaborazione di Conte è solo un trucco per condividere la responsabilità di un fallimento. Ma hanno anche detto che la sede del confronto non può che essere il parlamento.

La conferenza congiunta dei presidenti dei gruppi – alla quale partecipa sempre il governo con il ministro per i rapporti con il parlamento, ma nulla vieta che intervenga il ministro della salute o lo stesso presidente del Consiglio – è un’istanza che non è sconosciuta alla prassi parlamentare. Anche se è abitualmente convocata per decidere sulle sedute congiunte di camera e senato, tipicamente l’elezione del presidente della Repubblica ma talvolta in passato anche per risolvere lo stallo sull’elezione dei giudici costituzionali. C’è un precedente che probabilmente potrebbe essere evocato, risale al 1997 quando il presidente del Consiglio Prodi fu ospitato dai capigruppo di senato e camera per assumere impegni sulla correttezza dei rapporti tra l’esecutivo e il parlamento.

Non si deve dimenticare che il presidente Mattarella riceve quasi quotidiani appelli da parte dell’opposizione che denuncia ogni genere di violazione costituzionale nella gestione dell’emergenza. Ed è invece tagliato fuori dal controllo di legittimità sugli atti, visto che i Dpcm, che sono diventati più dei decreti legge lo strumento principe dell’emergenza, non passano dal Quirinale. Così ha certamente apprezzato che lunedì l’opposizione si sia astenuta sul documento di maggioranza e che la maggioranza abbia votato a favore di alcuni punti delle risoluzioni del centrodestra. Oltre che dell’intera risoluzione Calderoli al senato che impegna il governo a «un confronto con tutte le forze politiche da svolgersi in parlamento».
La conferenza congiunta dei capigruppo potrà riunirsi anche a scadenze fisse e dovrà favorire questo dialogo. Secondo il deputato Pd Ceccanti una comitato ristretta, ipotesi ancora in campo ma meno accreditata, avrebbe avuto «il vantaggio di doversi occupare solo del controllo sull’emergenza, mentre i capigruppo hanno tanto altro da fare». I nodi al pettine, più che nelle discussioni sulle procedure, arriveranno quando si dovrà discutere di legge di Bilancio e Recovery fund.