Il monito non potrebbe essere più esplicito. Mattarella lo pronuncia a braccio, con una copia della Costituzione accanto: «L’articolo 97 dispone che occorre assicurare l’equilibrio di bilancio e la sostenibilità del debito pubblico». Evidente, anche perché forzato, il riferimento all’attualità politica, in un contesto assai diverso – il presidente salutava al Quirinale i ciclisti che hanno pedalato da Torino a Roma per celebrare il 70esimo della Carta. È la conferma dalla viva voce del presidente di quelle preoccupazioni per lo sfondamento del tetto del deficit circolate fin qui solo nei retroscena sulla moral suasion del Colle.

Una moral suasion cominciata al tempo della formazione del governo, non a caso ieri il Capo dello stato ha fatto riferimento a quelle preoccupazioni per «i risparmi delle famiglie, le risorse per le imprese» dalle quali mosse a maggio scorso quando rifiutò la nomina di Paolo Savona al ministero dell’economia. Riuscendo a far sedere su quella poltrona Giovanni Tria, il grande sconfitto di questa settimana. Giovedì notte al presidente della Repubblica non è rimasto altro da fare che chiedere a Tria di restare in ogni caso alla guida del Mef. Per evitare di peggiorare le cose.

Di fonte al fallimento della linea di «contenimento» del governo gialloverde, che il Quirinale ha portato avanti anche ascoltando i consigli del presidente della Banca europea Draghi, a Mattarella è sembrato inevitabile alzare i toni. Alla prima occasione utile. «Avere i conti pubblici solidi e in ordine è una condizione indispensabile di sicurezza sociale, soprattutto per i giovani e per il loro futuro».

Non ha fatto riferimento ai vincoli europei, il capo dello stato. Come a dire, secondo un suo consueto schema retorico, che gli obblighi di stabilità sono innanzitutto nell’interesse del paese.

Ma il suo richiamo all’articolo 97 della Carta parla da sé: «Le pubbliche amministrazioni in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito». Il riferimento è anche un avvertimento per il governo.

Questa parte dell’articolo 97 della Costituzione, infatti, è stata aggiunta nell’aprile 2012 (iniziativa di Berlusconi e Bersani, solo 14 voti contrari) con la stessa legge costituzionale che ha vincolato al pareggio il bilancio dello stato: l’articolo 81. Il ricorso all’indebitamento – che la nota di aggiornamento al Def espande oltre ogni diga auspicata da Mattarella e tentata da Tria – è consentito solo in caso di «eventi eccezionali» e «al fine di considerare gli effetti del ciclo economico». Si tratta però di valutazioni politiche – da che la norma è stata introdotta si è sempre fatta eccezione – ratificate dalla maggioranza assoluta che l’articolo 81 chiede per queste deviazioni. Per i gialloverdi non sarà un problema.

La legge di bilancio che il governo dovrà presentare alle camere (e alla Ue) entro metà ottobre riempirà di contenuti la «cornice» del 2,4% di deficit. L’avvertimento di Mattarella guarda a questo passaggio decisivo, anche perché si tratta di un disegno di legge di iniziativa governativa che secondo l’articolo 87 della Costituzione deve essere autorizzato dal Quirinale. È difficile immaginare un rifiuto della firma, il capo dello stato negli anni scorsi ha protetto l’iter della manovra in ogni modo possibile. Il discorso di ieri apre invece una nuova stagione di moral suasion che ha l’obiettivo di spostare qualcosa all’interno della cornice, per esempio aumentando la voce degli investimenti a scapito dei sussidi. Tria è rimasto al suo posto anche per questo, per quanto sia adesso assai più debole. Al tempo stesso il capo dello Stato con il suo intervento vuole porsi come garanzia per l’Europa e per i mercati; c’è preoccupazione per la riapertura delle borse lunedì.

L’immediata replica di Salvini al capo dello stato è una doccia fredda. «Mattarella e i commissari europei possono stare tranquilli», dice il vice premier, mettendoli con poco rispetto sullo stesso piano. E ducescamente aggiunge: «Se a Bruxelles mi dicono che non lo posso fare me ne frego». Non solo, durante un comizio a Latina arriva a fare riferimento «a qualche Colle di Roma» chiamando i fischi della piazza. Di Maio è un po’ più accorto. Anche secondo lui «Mattarella non deve preoccuparsi», ma perché «la manovra ha proprio la finalità di creare le condizioni per poter riassorbire il debito». Nella sostanza però nemmeno Di Maio vuole moderare le pretese per la manovra, anzi ricorda che «stiamo prendendo un po’ di soldi a debito per soddisfare due elettorati diversi». Quanto al presidente del Consiglio Conte, che nel governo ha l’interlocuzione più frequente con il Quirinale e che appena l’altro giorno aveva detto che «è sbagliato considerare Mattarella un contraltare del governo», non ha detto nulla.