Il capo dello Stato spende il suo ruolo istituzionale e la sua autorevolezza per offrire piena copertura al governo e alle sue decisioni, a partire da quelle più drastiche come la chiusura delle scuole (che senza svolte provvidenziali non si limiterà ai 15 giorni fissati). È il governo «la cabina di regia» a cui spetta «assumere in maniera univoca le necessarie decisioni: vanno evitate iniziative particolari che si discostino dalle indicazioni assunte». Il governo, cui «la Costituzione affida il compito e gli strumenti per decidere» e che ha stabilito ieri una serie di indicazioni «che desidero invitare tutti a osservare attentamente». Qui il presidente non intende il governo nella sua accezione politica ma esclusivamente in quella istituzionale. Finché dura l’emergenza, la guida deve essere univoca, salda e di tutti.

IL CUORE DEL MESSAGGIO di Mattarella è questo. Il resto, gli inviti a non farsi sopraffare dall’ansia, le rassicurazioni («L’Italia ce la farà»), i doverosi omaggi all’abnegazione degli operatori del sistema sanitario, sono passaggi sinceri ma anche obbligati, inevitabili. Lo stesso invito all’unità («il momento richiede coinvolgimento, condivisione, concordia, unità d’intenti») non va inteso come indicazione verso la creazione di maggioranza diverse e più ampie. Al contrario, in questo momento il governo deve essere, per il Colle, riconosciuto da tutti come unica guida. Certo, se a quel governo arrivasse una reale collaborazione da parte dell’opposizione il capo dello Stato potrebbe solo esserne lieto. Ma senza mettere in discussione il ruolo di comando.

MATTARELLA AVEVA DECISO di intervenire già mercoledì, aveva anche considerato l’ipotesi di farlo subito. Ha prevalso la scelta di far prima parlare il capo del governo, anche come forma di rispetto dei ruoli istituzionali. Ma subito dopo, senza neppure aspettare il weekend, il presidente ha deciso di spendersi a copertura del governo. Il suo messaggio, che di per sé rappresenta un segnale implicito della gravità della situazione, arriva nell’ennesima giornata nera, la peggiore sia per vittime che per nuovi contagi, e nell’ennesima giornata fatta di convulse decisioni per fronteggiare la crisi. Il governo ha deciso di stanziare 7 miliardi e mezzo a sostegno delle famiglie e delle imprese. Un miliardo andrà alla sanità, che come ha ricordato lo stesso capo dello Stato necessita di personale e strumentazioni. Non è solo questione di soldi. Le pastoie burocratiche e regolamentari rendono tutto più difficile e soprattutto più lungo. Il ministro della Sanità Speranza, con il premier, sta cercando quindi di definire uno strumento normativo che permetta di procedere con la necessaria urgenza sia nelle assunzioni che nei lavori e negli acquisti necessari per nuove strutture. Non lo hanno ancora trovato e probabilmente bisognerà aggirare le norme con diversi provvedimenti. La burocrazia non si china neppure di fronte al virus.

COME VERRÀ ADOPERATO il grosso della cifra non è ancora definito nei particolari, ma una fetta particolarmente ampia andrà alle Piccole e medie imprese, anche con l’ampliamento del fondo a garanzia delle stesse, e con una moratoria dei crediti da parte delle banche. Il grosso dello stanziamento si otterrà sforando anche più del previsto il deficit. La flessibilità, già chiesta alla Ue con una lettera del ministro Gualtieri al vicepresidente Dombrovskis e a Gentiloni come misura una tantum imposta dal virus che «ha colpito l’Italia molto duramente», è di tre decimali, dal 2,2 al 2,5% del Pil, 6,3 miliardi. In tempi normali sarebbe uno spostamento cospicuo, giustificato anche dai risultati migliori del previsto nel 2019, quando il deficit si era fermato all’1,6% invece che 2,2%. Ma di fronte a una crisi come quella che l’Italia ha iniziato a traversare non basterà e lo fa capire lo stesso Gualtieri: «Sono risorse significative che ci consentono di far fronte alle esigenze immediate». Poi si vedrà.

IN QUESTO MOMENTO sarebbe necessaria una capacità della politica di reagire in modo se non unitario almeno non troppo conflittuale. Oggi la destra presenterà unita le sue proposte, già fatte pervenire a Conte e da lui inoltrate ai vari ministri. Ma il clima non autorizza speranze. Ieri Giorgia Meloni ha definito Conte «un criminale» per le sue critiche all’ospedale di Codogno. Conte ha replicato bollando quelle parole come «uno schiaffo a tutti gli italiani». Non è precisamente il tono di un Palazzo in grado di affrontare un’emergenza come dovrebbe.