«Le sofferenze, i lutti, lo sradicamento, l’esodo a cui furono costrette decine di migliaia di famiglie nelle aree del confine orientale, dell’Istria, di Fiume, delle coste dalmate sono iscritti con segno indelebile nella storia della tragedia della Seconda Guerra Mondiale e delle sue conseguenze» ha affermato ieri il Presidente Sergio Mattarella nella cerimonia alla Camera in occasione del Giorno del Ricordo. E ancora: «I crimini contro l’umanità scatenati in quel conflitto non si esaurirono con la liberazione dal nazifascismo, ma proseguirono nella persecuzione e nelle violenze, perpetrate da un altro regime autoritario, quello comunista».

NEL SUO DISCORSO Mattarella ha riconosciuto che «ogni comunità custodisce la memoria delle proprie esperienze più strazianti e le proprie ragioni storiche. È dal riconoscimento reciproco che riparte il dialogo e l’amicizia, tra le persone e le culture» e ha ricordato l’impegno condiviso con i Presidenti di Slovenia e Croazia perché si realizzi «una collaborazione sempre più intensa nelle zone di confine» perché «la consapevolezza della ricchezza della diversità delle nostre culture e identità è determinante per superare per sempre le pagine più tragiche del passato e aprire la strada a un futuro condiviso».

MA COME se puntualmente non si condividono e denunciano anche i «nostri» crimini precedenti e poi proprio nell’80° anniversario dell’invasione nazifascista della Jugoslavia? Nella Cerimonia per il Giorno del Ricordo è intervenuta anche la presidente del Senato Casellati che ha parlato di pulizia etnica contro centinaia di migliaia di istriani italiani e il presidente della Camera Fico che ha ricordato, unico controcorrente, la «violenta italianizzazione dei popoli slavi» e sottolineato, tra l’altro, il significato simbolico e politico dell’incontro del luglio scorso tra il Presidente della Slovenia Borut Pahor e Sergio Mattarella a Trieste e la proficua collaborazione congiunta tra Gorizia e Nova Gorica per la Capitale Europea della Cultura nel 2025.

CONTEMPORANEAMENTE, sul Carso triestino, al monumento nazionale della foiba di Basovizza, i toni sono stati durissimi, nessuna mediazione con i barbari slavo-comunisti e alzo zero contro i «negazionisti», gli «pseudo-storici» – e anche gli scrittori come Boris Pahor. Cerimonia a porte chiuse, gagliardetti delle associazioni degli esuli invitate, con soltanto il Presidente della Regione Fedriga ed il Sindaco di Trieste Dipiazza ma il tempo era inclemente, il vento soffiava rabbioso e, deposta la corona con il tricolore, tutto è finito in fretta.

NON HA STUPITO lo «storico» Matteo Salvini che ha lasciato un commento sulla sua pagina fb dritto all’obiettivo: «Il Giorno del Ricordo è una delle più ardue conquiste della nostra coscienza collettiva. Il perché è presto detto. Se infatti nazismo e fascismo sono stati sconfitti nella seconda guerra mondiale e giudicati dalla Storia, per attendere il collasso del comunismo – un’ideologia non meno tragica per contabilità di vittime innocenti e repressione della libertà – abbiamo dovuto attendere in Europa fino agli ultimi anni del secolo scorso…». E la tragedia del confine orientale è arrivata ieri anche nell’Europarlamento che, su invito del presidente Sassoli, ha osservato un minuto di silenzio.