Acqua passata. È già alle spalle la vicenda della «punizione divina» che il vice ministro israeliano Ayoub Kara aveva visto nei terremoti che hanno colpito il nostro Paese “colpevole” di non aver votato contro le recenti risoluzioni dell’Unesco su Gerusalemme Est. Tra Italia e Israele è amore, passione, complicità, comprensione. Un amore travolgente che, come accade in questi casi, rende ciechi e porta Roma a perdonare tutto a Tel Aviv. E a non vedere più l’occupazione dei Territori palestinesi, la violazione e la negazione di diritti, le continue attività di espansione delle colonie israeliane. Lo testimoniano le parole del primo ministro Renzi, unico dei principali leader europei a sconfessare apertamente il mese scorso il voto dell’Unesco sullo status di città occupata di Gerusalemme Est. Lo confermano le dichiarazioni fatte ieri e domenica dal presidente Mattarella in visita ufficiale di quattro giorni in Israele e, in misura limitata, nei Territori palestinesi occupati. «I rapporti tra Italia e Israele affondano radici in tempi antichi. Si tratta di una lunga storia comune. Sono rapporti straordinari sul piano bilaterale…Adesso dobbiamo guardare al futuro anche con maggiore ambizione… Israele con la sua democrazia così forte e vitale costituisce un modello per tutta la regione», ha detto ieri Mattarella incontrando a Gerusalemme il capo dello stato israeliano Reuven Rivlin. Domenica il presidente italiano aveva condannato con forza, definendolo «inammissibile», il boicottaggio di Israele.

Mentre Mattarella proseguiva l’elogio sperticato di Israele, esponenti di primo piano del governo Netanyahu erano impegnati a silurare definitivamente la soluzione dei “Due Stati” che pure il presidente italiano ha detto, di nuovo ieri, di sostenere per il futuro del Medio Oriente. La vice ministra degli esteri Tzipi Hotovely, del partito di maggioranza Likud, e il deputato ultranazionalista Betzalel Smotrich, hanno avviato una campagna per l’annessione immediata a Israele delle colonie ebraiche in Cisgiordania, a cominciare dalla più grande, Maale Adumim (37mila abitanti), pochi chilometri a est di Gerusalemme. «La risposta alla lotta internazionale su Gerusalemme è la sovranità (israeliana) su Maale Adumim. In questo modo Gerusalemme rimarrà per sempre unita», ha affermato Hotovely durante una manifestazione organizzata da Yesha, il consiglio delle colonie. La vice ministra degli esteri ha esortato il governo a prendere «una decisione storica». Gli insediamenti ebraici «non sono un figliastro ma un primogenito molto importante per il popolo di Israele», ha aggiunto «consulenti legali e pressione internazionale non decideranno ciò che per noi è una questione fondamentale». A sostegno di Hotovely e Smotrich si sono schierati il ministro Naftali Bennett, leader del partito Casa Ebraica, che da giorni inonda la rete di appelli ad annettere la Cisgiordania o gran parte di essa, e un altro ministro, Haim Katz.

L’annessione di Maale Adumim – che incontra crescenti sostegni – e nuove costruzioni israeliane nella adiacente striscia di terra strategica nota con il nome di E1, taglierebbero la Cisgiordania in due parti rendendo impossibile ogni residua possibilità di realizzare uno Stato di Palestina con un territorio omogeneo. Inevitabile la reazione palestinese. Il segretario dell’Olp Saeb Erekat, attraverso il suo portavoce Xavier Abu Eid, ha commentato che la campagna avviata da Hotovely, Katz, Smotrich e Bennett, conferma la mancanza di serietà dei leader israeliani nei confronti della soluzione dei “Due Stati”.