Mette in guardia dai rischi per l’Europa derivanti dall’avanzata sovranista ma le sue parole suonano come una chiara presa di distanze dall’operato del governo italiano e da chi, come il titolare degli Interni Matteo Salvini, alimenta le paure per una presunta emergenza immigrazione che in realtà non è più tale ormai da molto tempo. Basta guardare i numeri, fa sapere dall’Estonia il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Nell’ultimo anno, da metà del 2017 a metà del 2018, gli arrivi attraverso il Mediterraneo e in Italia sono diminuiti dell’85%, la pressione si è abbassata»ricorda. Le cifre ufficiali, che al Viminale conoscono bene, dicono che quest’anno in tutta Europa sono arrivate 45.023 persone e 16.585 in Italia. Numeri tutto sommato gestibili che non dovrebbero, come invece accade, suscitare inutili allarmismi. Anzi, proprio l’assenza di una reale emergenza, sottolinea Mattarella, dovrebbe suggerire ai governi maggiore razionalità, «senza cedere all’emotività».

Il capo dello Stato si trova a Tallin dove ieri ha incontrato la presidente dell’Estonia Kersti Kaljulaid con la quale ha discusso anche del prossimo vertice Nato previsto a Bruxelles. Con lui il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, che la scorsa settimana ha guidato il premier Conte nel suo primo vertice dei capi di Stato e di governo europei. E insieme hanno visto proprio l’Europa correre verso il precipizio spinta dai colpi di quelle forze sovraniste a cui lo stesso Matteo Salvini si richiama. Ultimo colpo, l’annuncio dell’Austria di voler chiudere le frontiere con l’Italia e la Slovenia, decisione che taglierebbe fuori la penisola dal resto dell’Unione europea e metterebbe in pericolo Schengen. Un gesto irresponsabile per il capo dello Stato. «Vi sono molte cose che contrassegnano l’Ue e la sua storica integrazione, ma due ne esprimono appieno l’anima: Erasmus e Schengen» avverte quindi Mattarella definendo «poco responsabile mettere a rischio la libertà di movimento degli europei».

Ieri la Commissione europea, alla quale Vienna deve comunicare quando intende riprendere i controlli ai confini, ha fatto sapere di non aver ancora ricevuto nessuna comunicazione in tal senso. Di sicuro l’Austria chiuderà le frontiere in occasione dei vertici europei già fissati, come quello dei ministri degli Interni che si terrà il 12 luglio a Innsbruck e il vertice dei capi di Stato e di governo del 20 settembre a Salisburgo. Ma si tratta di procedure normali in vista degli appuntamenti dell’Ue.

Qualcosa di più si saprà probabilmente oggi con l’arrivo a Vienna di Horst Seehofer. Al cancelliere austriaco Sebastian Kurz, presidente di turno dell’Ue, il ministro degli Interni tedesco che ha rischiato di far cadere il governo di Berlino spiegherà i dettagli dell’accordo raggiunto con la cancelliera Merkel. E da quanto i due si diranno, in particolare sulla possibilità che la Germania rispedisca alla frontiera austriaca i migranti che non potrà rispedire nei paesi in cui hanno presentato richiesta di asilo (come l’Italia), si capirà la tenuta dell’Unione europea. «Condividiamo lo stesso obiettivo della Germania» – ha spiegato ieri Kurz parlando della necessità di rimandare indietro i migranti irregolari. Aggiungendo però che l’esito dell’operazione «dipende da cosa esattamente i tedeschi vogliono, non c’è ancora totale chiarezza».

Anche il giovane cancelliere, però, rischia di dover far fronte a qualche problema in casa sua. Le sparate sulla chiusura delle frontiere non sono infatti piaciute al ministro dei Trasporti austriaco, Norbert Hofer, probabilmente la persona più consapevole in Austria delle conseguenze che la decisione di blindare le frontiere e la possibile fine di Schengen comporterebbe per tutti, austriaci compresi. «Sarebbe senza dubbio un disastro», ha detto il ministro per il quale ogni camion deviato verso la Svizzera costerebbe circa 100 euro in più alle imprese. Preoccupazione condivisa anche al di qua delle Alpi, con Confindustria Trento e Assoimprenditori Alto Adige che ieri hanno lanciato l’allarme: «Rendere più difficile la mobilità interna all’Ue -hanno spiegato le associazioni – mina la competitività delle nostre imprese in particolare quelle più orientate all’export che stanno trainando al ripresa».