«Dal nostro 25 aprile viene un appello alla pace. Alla pace, non ad arrendersi di fronte alla prepotenza». Dopo gli anni del Covid, Sergio Mattarella torna a ricevere al Quirinale i rappresentanti delle associazioni di ex militari, ex combattenti nella guerra di liberazioni, reduci e familiari dei caduti, quelle che per il ministero della difesa che ne vigila e finanzia i progetti sono le associazioni «combattentistiche e d’arma». Tra questa la più grande è l’Anpi, l’associazione nazionale partigiani d’Italia, che nel 2021 dichiarava 120mila iscritti (tre volte quelli della seconda, Combattenti e reduci).

Ma ieri al Quirinale il presidente nazionale dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo non c’era, al suo posto un rappresentante della segreteria. Com’è noto, in queste ultime settimane Pagliarulo è stato pesantemente criticato, prima per la sua posizione contraria all’invio delle armi agli ucraini – largamente prevalente al recente congresso, ma che ha sollevato discussioni all’interno dell’associazione – poi per alcuni suoi post di diversi anni fa sulla guerra nel Donbass. Non solo è stato criticato Pagliarulo, quanto tutta l’Anpi è stata attaccata per la linea pacifista che non sarebbe coerente per un’associazione dedicata alla memoria dei combattenti per la libertà.

Mattarella ha confermato la posizione espressa più volte in questi due mesi: considera un dovere aiutare gli ucraini a difendersi dall’aggressione russa e una necessità armarli. «La solidarietà che va espressa e praticata nei confronti dell’Ucraina dev’essere ferma e coesa», ha detto ieri. Parole nette, che ricordano quelle sul dovere di «solidarietà attiva» inviate un mese fa al congresso dell’Anpi. Pronunciate stavolta in un’occasione assai evocativa, la prima di quelle in cui il presidente ricorderà la Resistenza (il 25 aprile sarà ad Acerra, teatro di una delle prime stragi naziste nel ’43).

Pagliarulo non era al Quirinale, spiegano dall’Anpi, perché impegnato nella preparazione dell’iniziativa di questa mattina a Bari dove interverrà con il presidente della camera, il sindaco e il presidente della regione. E spiegano che non sempre il presidente nazionale interviene a questa genere di cerimonia, dove a prendere la parola a nome di tutti è il presidente della Confederazione tra le associazioni. Dal Quirinale, dribblando la polemica, garantiscono che se l’ex presidente dell’Anpi Carlo Smuraglia ha sempre partecipato in prima fila è perché si teneva anche la premiazione di un concorso per le scuole patrocinato dall’associazione. L’Anpi ha comunque condiviso sui social il discorso di Mattarella, per quanto assai facilmente interpretabile come un intervento nel vivo delle polemiche che hanno sollevato le posizioni dell’associazione.

«La Resistenza – ha detto Mattarella – fu una rivolta in armi contro l’oppressore, difesa strenua del nostro popolo dalla violenza … un popolo in armi per affermare il proprio diritto alla pace». «Un’esperienza terribile – ha aggiunto – che sembra dimenticata, in queste settimane, da chi manifesta disinteresse per le sorti e la libertà delle persone, accantonando valori comuni su cui si era faticosamente costruita la pacifica convivenza tra i popoli».

Il presidente non ha mai mostrato dubbi sulla necessità di armare la resistenza ucraina, oltre che naturalmente sulla legittimità costituzionale della scelta, avendo firmato il primo decreto Ucraina e apprestandosi a firmare il secondo. Ha congedato la associazioni combattentistiche e partigiane raccomandando che «il ricordo e l’esempio non vengano cancellati dal passare del tempo o da improvvisate ricostruzioni che sovrappongono pregiudizi ai fatti».
Intanto c’è la conferma che una parte importante delle associazioni riunite nella Confederazione – Aned, Fiap, partigiani cristiani, famiglie dei martiri delle Ardeatine – questo 25 aprile a Roma non saranno a Porta San Paolo, luogo simbolo della Resistenza, con l’Anpi. Per la prima volta si raduneranno altrove.