«Il solo fatto che la legge che autorizza le unioni civili tra persone dello stesso sesso sia stata approvata renderà la società più tollerante», ha dichiarato il presidente del Parlamento. Ma non è quello italiano. Parliamo dell’Estonia, primo paese ex sovietico ad allinearsi agli altri 14 stati europei con leggi simili. «Nella società sovietica chiunque fosse diverso era un nemico – ha aggiunto Eiki Nestor intervistato dall’agenzia francese Afp – alcuni a causa della loro sessualità, che in quanto diversa andava punita». Ma il loro muro è andato in frantumi sul serio nell’89. In Italia, nemmeno la breccia aperta dal Sinodo – dove ieri l’ala conservatrice ha tentato di frenare l’apertura del giorno prima – ha permesso ai sindaci-bersaglieri di portare a casa una mezza vittoria. La circolare inviata dal ministro Alfano ai prefetti perché impongano ai Comuni di cancellare, ove è avvenuto, la trascrizione dei matrimoni omosessuali contratti all’estero ha prodotto già i suoi primi effetti.

Il Comune di Grosseto è stato il primo a dover capitolare annullando la trascrizione, anche perché oltre all’invito prefettizio c’era in ballo il ricorso della procura accolto dalla Corte d’Appello di Firenze. Ma anche ad Udine la prefettura ha trasmesso l’ordine al sindaco Furio Honsell, il quale però ha già annunciato che porterà «un tema così importante davanti a un tribunale». A Milano, Giuliano Pisapia invece sfida apertamente “il maschio Angelino” e firma le prime sette trascrizioni di matrimoni gay celebrati all’estero. Dando pure soddisfazione all’ex vicesindaco De Corato, oggi consigliere Fdi, che finalmente può inviare la segnalazione al prefetto che teneva pronta per l’evenienza (ma il prefetto Tronca ha fatto sapere ieri sera che prima di postare ordini dovrà «capire come stanno le cose»). A Roma invece di guardia c’è Alemanno – così promette l’ex primo cittadino – ma il sindaco Marino ancora non si decide a fornirgli l’occasione. D’altronde, malgrado il registro delle unioni civili sia previsto nel programma della maggioranza, nemmeno l’assemblea capitolina riesce a trovare una quadra per dare inizio al dibattito sul tema, che slitta ancora una volta alla prossima settimana.

Ma se da nord a sud dell’Italia il provvedimento di Alfano sembra aver ridato un certo slancio al “partito dei sindaci” (con Livorno, Prato, Bolzano, Rimini, Palermo, ecc, che si uniscono alla protesta), una parola definitiva la dice Piero Fassino, presidente dell’Anci, che chiede al governo di favorire in tempi rapidi la formulazione di «un quadro legislativo nazionale che, colmando un vuoto normativo, consenta ai Comuni di gestire le ricadute operative in modo uniforme sull’intero territorio del Paese».

Intanto attorno al «the worst desease» (come cantavano i Chumbawamba l’amore omosessuale) si consumano anche piccole crisi politiche: Forza Italia e un po’ tutto il centrodestra appaiono provati dall’incontro che ieri mattina l’ex ministra delle Pari opportunità Mara Carfagna ha avuto con il sottosegretario Ivan Scalfarotto in previsione di una sorta di «Patto del Nazareno bis sui diritti civili». In realtà, giusto il tempo di mandare in fibrillazione qualche neurone e già il sottosegretario, renziano di ferro, corregge il tiro della notizia: «Il patto del Nazareno – dice – lo circoscriverei alle riforme per cui è nato, cioè a quelle costituzionali, ma ben vengano i contributi sul tema dei diritti civili da qualsiasi forza politica». Funziona assai meglio invece l’intesa della coppia “naturale” Eugenia Roccella (Ncd) e Mario Adinolfi (ex deputato Pd) che hanno annunciato la stipula del «Patto di Santa Chiara», una sorta di sodalizio tra aree politiche di riferimento per promuovere «la cultura della vita e della famiglia». Convinti così di dare espressione ad un sentimento popolare ben radicato. Quello che, secondo il segretario della Lega, avrebbe animato Alfano: «Ha visto i sondaggi che dicono che il Ncd sta scomparendo e si è messo a parlare di omosessuali», è la congettura di Matteo Salvini. Eppure forse, come in Estonia, c’è ancora spazio per uscire dal triste primato (secondo un sondaggio dell’Ue del luglio scorso) di Paese più omofobico e transfobico d’Europa.