Non si fa buona opera di storia del pensiero sociologico se non quando i materiali di questa trovano le condizioni per poter essere utilizzati ai fini di una teoria e di una prassi politica pensate al presente. È il caso di questo saggio di Maurice Halbwachs pubblicato nel 1905 sulla «Revue de métaphysique et de morale» con il titolo Remarque sur la position du problème sociologique des classes, presentato qui per la prima volta in forma ridotta in italiano.

Halbwachs, filosofo di formazione (studiò con grande attenzione Leibniz), allievo di prima generazione di Durkheim, morto tra le braccia di Jorge Semprún nei campi di Buchenwald, in Italia è soprattutto noto per gli studi sulla memoria – ricordiamo almeno I quadri sociali della memoria e La memoria collettiva – grazie anche ai lavori che su di essi sono stati fatti da Alessandro Cavalli, Paolo Jedlowski, Teresa Grande e da una «maestra» come Bianca Arcangeli. Purtroppo, Halbwachs è molto meno conosciuto nel nostro paese per quelle ricerche altrettanto fondamentali svolte sui consumi della classe operaia e sulla morfologia sociale. Il testo che qui pubblichiamo vorrebbe testimoniare, almeno in forma embrionale, la ricchezza di una riflessione sociologica ancora tutta da scoprire, e questo ben oltre i campi appena indicati.

La scelta di un saggio sulla teoria delle classi, naturalmente, non è casuale, come d’altronde non lo è quella di un autore che lo affronta al di fuori della tradizione marxista. E, forse, sta proprio qui la «freschezza» politica di un lavoro pubblicato più di cento anni fa i cui risultati dovrebbero essere integrati proprio dalla teoria della classi avviata da Marx.

Halbwachs non fa dipendere la classe solo dagli indicatori economici che la determinano (professione e reddito), ma anche dalle rappresentazioni collettive che i gruppi sociali se ne fanno. Da questo punto di vista, diventa cruciale il concetto – del tutto inedito al marxismo e al sindacalismo – di intensità. Intense sono quelle rappresentazioni di classe che i gruppi si fanno di sé in base al sentimento di minaccia o di forza che provano di fronte alla situazione storica che li incalza.

Ora, dal momento che per Halbwachs il risultato di una rappresentazione sociale è sempre un’organizzazione, nello specifico un’organizzazione legata al lavoro (corporazioni medievali e Trades Unions inglesi), va da sé che oggi questo saggio ha senso solo se pensato in funzione della Cgil e dei suoi lavori congressuali fissati per il 6, 7 e 8 maggio 2014.

Ci auspichiamo che accanto al tema così dibattuto della rappresentanza, inizi a trovare spazio, almeno tra i dirigenti più progressisti e rivoluzionari, attenti alla dimensione culturale del lavoro, quello di intensità della rappresentazione di classe perché le lotte per il lavoro con cui cambiare il futuro non si fondano solo sulla chiarezza degli obiettivi economici da raggiungere, ma anche sull’oscurità di quelle che Halbwachs chiama «credenze e costumi» che, come nel caso della coscienza di sé dei gruppi schiavi, poco hanno a che fare con la determinante economica.