È iniziato a Matera il secondo viaggio di «Idea», la mostra interattiva che coinvolge cinque artisti e designer per più di un anno in altrettante perlustrazioni negli archivi del territorio per «riscriverne» il senso e indicare una proposta di futuro. Dopo il commovente inizio del fotografo e designer Mario Cresci, è la volta del duo Andrea Trimarchi e Simone Farresin di «Studio Formafantasma» che in «Visione unica – Culture di manipolazione ambientale» capovolgono l’impostazione iniziale di Cresci (ma niente paura, tutto sarà documentato da un esaustivo catalogo) per inoltrarsi in un gioco visivo davvero interessante nel grande padiglione dell’esposizione, dentro quel contenitore magico che è la Cava Paradiso. E la grande maschera dei riti carnevaleschi che unisce a mo’ di totem primordiale tutte le proiezioni, gli schermi digitali e i manufatti di una ricca cultura popolare, dà all’insieme una suggestione che non si dimentica.

«VISIONE UNICA» nel senso di priva di gerarchie che ne dettano l’importanza ma con un rimescolio delle carte che ha nel mezzo filmico il suo fulcro moderno. E così, riposizionati nel grande spazio dove si ha una visione d’insieme del tutto in linea con la postura artistica di Formafantasma che ama sposare e spostarsi in continuazione tra ecologia e industria in una ricerca continua tra scienza e arte, la kermesse materana ci offre materiali di grande interesse: fotografie, cartografie scientifiche, documentari, interviste e documenti storici, manufatti, il tutto «collegato» dal film come mezzo di comunicazione privilegiato.

Si va così dalle proiezioni di Geodesia Spaziale (il grande centro di studio dell’universo della città dei Sassi) dove sembra che l’uomo si alieni e guardi da lontano la «sua» terra, al documentario (1969) dell’antropologo Giovanni Bronzini sul «Maggio» di Accettura, festa ancestrale e popolare sullo sposalizio degli alberi dove l’uomo comunicava quasi in simbiosi con gli altri uomini, gli animali, le piante. E, dai pupazzi pirotecnici della festa della Madonna della Stella di San Costantino Albanese, alle foto del consorzio di bonifica nel metapontino fra gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso. Allo stesso modo, si passa dalla possessione amorosa di Daliah Lavi nel Demonio di Brunello Rondi girato a Matera nel ’63 con la consulenza di Ernesto De Martino, ai video e i documenti sulla montagna e sull’acqua, agli archivi sonori e popolari, ai film classici dei registi-antropologi.

SPICCA SU TUTTI la chicca del film del grande Joris Ivens L’Italia non è un paese povero (1960) finalmente in edizione integrale senza le censure dell’Eni che all’epoca produsse il film: soprattutto le scene di povertà girate in Basilicata furono considerate dannose dall’ufficio cinema di Enrico Mattei. Il pupazzo del diavolo, costruito per l’occasione dagli artigiani di San Costantino Albanese, è lì a dominare il tutto, ritratto angoscioso ma anche paterno di una cultura ancestrale che non ha complessi di inferiorità verso quella più moderna.