Lo scontro sui compensi Rai precipita nella commissione parlamentare di vigilanza, dove vengono ascoltati i vertici di viale Mazzini. Il direttore generale Luigi Gubitosi, scelto da Mario Monti quando era presidente del consiglio, parte con un frontale sul contratto di Maurizio Crozza saltato: «Non siamo riusciti a chiudere la trattativa per colpa della politica. Le polemiche sui compensi sono state determinanti per farla fallire. Lasciateci competere senza interferenze». E ancora: «E’ un’anomalia italiana quella di intromettersi nelle regole della concorrenza. E poi il costo di una serata di Crozza sarebbe stato ripagato dalla pubblicità. Un Paese che ha paura della satira è in difficoltà morale». E la «trasparenza» invocata da Renato Brunetta? «Solo la Rai avrebbe l’obbligo di trasparenza. Circostanza – prosegue il dg – che non sarebbe priva di implicazioni concorrenziali».
A questo punto Brunetta prova a cambiare le carte in tavola: «Se era un contratto normale perché non firmarlo? Si potrebbe addirittura ipotizzare un’azione di responsabilità nei confronti del dg che non ha stipulato il contratto per paura della trasparenza», azzarda. E si scaglia contro Gubitosi per l’«ennesima provocazione», perché «mancare di rispetto a una commissione parlamentare è un comportamento assolutamente da censurare». A dare man forte al pidiellino, il leghista Centinaio: «Gubitosi si ricordi che il suo stipendio è pagato dai cittadini e non offenda organi democraticamente eletti». Nessuna offesa, interviene dal Pd Salvatore Margiotta: «L’analisi di Gubitosi – afferma – coglie un punto di verità: il mancato contratto a Crozza ha indebolito l’azienda. In questo organismo di controllo sembra essersi formata una fazione opposta alla Rai e al dg».