«Cambia tutto. Non c’è più alcun limite alla reazione contro le intrusioni, la si presume legittima a prescindere da chi la metta in atto e da dove questo accada». Massimo Michelozzi è sostituto procuratore a Venezia e segretario di Magistratura democratica Veneto.

Qual è la novità principale a suo giudizio?
La norma più dirompente è il nuovo quarto comma dell’articolo 52 del codice penale che amplia in maniera illimitata il diritto di autodifesa. Si riferisce a «colui che compie un atto per respingere». Dunque non c’è più un limite soggettivo: può reagire non solo chi si trova nel domicilio, ma può sparare anche un passante che non è aggredito e assiste all’intrusione. E non c’è più un limite di luogo: si può intervenire anche sparando dalla strada o da lontano con un’arma di precisione.

L’intrusione però deve avvenire «con violenza o minaccia di uso di armi».
Ma violenza nei confronti di chi o cosa? Non è specificato. Se è contro le cose, l’effrazione è sempre violenta. Nemmeno minaccia è chiaro cosa voglia dire. Bisogna brandire necessariamente l’arma, o basta minacciare appunto di essere armati?

In tutti questi casi, chi reagisce sparando non sarà nemmeno indagato?
È stato sostenuto, anche in parlamento, ma è pura propaganda. È chiaro che il procedimento andrà aperto comunque per accertare i fatti. Il controllo giudiziario però sarà assai limitato. Se l’unico presupposto per giustificare la reazione armata all’intrusione è l’intrusione stessa, anche davanti a una reazione sproporzionata o non necessaria il giudice dovrà chiedere l’archiviazione. O sollevare la questione di incostituzionalità.

Fondata, secondo lei?
Sì, e per diversi profili. Il più grave è senz’altro la prevalenza accordata al diritto alla inviolabilità del domicilio rispetto al diritto alla vita. Questa aprioristica scala di valori va contro l’articolo 1 della Costituzione e l’articolo 2 della Cedu, la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che dichiara il diritto alla vita comprimibile solo in caso di aggressione all’incolumità della persona. Non certo per difendere i beni personali o il domicilio.

Come giudica il criterio del «grave turbamento» come causa di non punibilità?
È una norma chiaramente indeterminata, il grave turbamento è difficile da accertare. Ma c’è un problema più di fondo. Dovrebbe valere per tutti i casi di legittima difesa, pensiamo al caso di un anziano rapinato in strada mentre ritira la pensione, una donna assaltata fuori casa, un autista di autobus aggredito sul mezzo dai balordi. Potrebbero ben essere gravemente turbati. Invece la non punibilità è prevista solo per la legittima difesa domiciliare. Una evidente irragionevolezza. Un altro profilo di incostituzionalità.