La maionese impazzisce, nel Pd la frammentazione interna sembra ormai un destino scritto e difficile da rappattumare a fine congresso. Il segretario Martina non annuncerà la sua candidatura al Forum nazionale del Pd che si svolge oggi e domani a Milano, ma ormai si è convinto a correre per le primarie. Anche candidandosi ad arrivare terzo, un piazzamento scarso per un leader in carica. Ma comunque abbastanza per ottenere la golden share e condizionare il voto dell’assemblea nazionale, nel caso in cui nessun aspirante traguardasse il 50 virgola uno per cento ai gazebo. Fa nulla se al momento dell’elezione a segretario aveva lasciato capire che poi non si sarebbe candidato. Del resto nel Pd c’è sempre un precedente per le cattive pratiche: Franceschini nel 2009 ruppe un impegno simile preso quando aveva sostituito Veltroni. Ora Martina tenta di convincere Minniti a convergere. Ma l’ex ministro ormai è molto avanti nell’organizzazione della sua corsa. Soprattutto è molto convinto. In queste ore a chi lo interpella risponde: «Sono l’unico che può salvare il partito».

Con Renzi e parte dei suoi proiettati «oltre il Pd» – ma dopo le europee, per guadagnare qualche postazione a Bruxelles – e uno scontro congressuale quasi tutto giocato fra ex ds, è difficile che la storia non finisca con qualche fuoriuscita.

A lavorare a un altro schieramento interno – dopo Zingaretti, Minniti, Richetti, Boccia e forse Damiano – ci sarebbe soprattutto Matteo Orfini, da sempre critico con l’ex ministro dell’interno ma anche lontano da Zingaretti (i cui uomini non hanno preso bene la scelta di Martina). L’ex segretario può convincere anche Gianni Cuperlo.