Il Museo ferroviario di Pietrarsa, quello che custodisce la prima locomotiva prodotta in Italia, è da ieri (fino a domani) lo sfondo scenografico della Conferenza programmatica del Pd. Ai binari all’ingresso è parcheggiato il treno con cui Renzi sta attraversando il paese per la campagna elettorale delle politiche. Ieri il segretario era in Sicilia per le regionali e nel tardo pomeriggio è sbarcato a Napoli. L’avvio dei lavori è stato battezzato però dai precari del Cnr, il 40% del totale, in protesta: nella manovra non ci sono ancora i fondi per la loro stabilizzazione.

I big del partito arrivano in ordine sparso, le domande dei cronisti ruotano intorno all’addio di Pietro Grasso. Pietro Fassino riassume la versione più diffusa: «È una scelta personale che va rispettata». Altro tema ad alta tensione: la conferma di Ignazio Visco al vertice di Bankitalia in un consiglio dei ministri in cui mancavano gli elementi di punta vicini a Renzi. Luigi Zanda, capogruppo al Senato, è lapidario: «Avranno avuto da fare».
Apre i lavori il presidente del partito Matteo Orfini («Siamo in un posto bello, siamo molto ferroviari») e poi tocca a Vincenzo De Luca. Il governatore campano per Renzi è un elemento strategico della prossima campagna elettorale: il Pd punta su Campania e Sicilia, visto che in Lombardia il centrodestra gioca in casa mentre nel Lazio si cercherà di sfruttare la cattiva pubblicità della giunta Raggi a Roma. De Luca promette il cappotto nei 4 collegi salernitani e offre proiezioni positive negli altri 18 collegi campani, pretendendo in cambio la deluchizzazione del partito locale, dal palco sciorina il suo repertorio: «Dobbiamo fare una cosa sola: nessuna pensione in Italia al di sotto dei mille euro».

La parola passa a Maurizio Martina, uno degli assenti con «giustificazione» dal consiglio dei ministri che ha riconfermato Visco. A lui tocca il ruolo del ricucitore: «Non abbiamo nemici nel centrosinistra, sì alla coalizione. Il Pd è figlio dell’Ulivo, non abbiamo mai voluto l’isolamento, siamo l’argine contro i populismi. Proponiamo un patto con l’Europa per tornare ai criteri di Maastricht nel rapporto deficit/Pil con limite del 2,9%, liberando così risorse». La coalizione è diventata un obbligo con il Rosatellum appena approvato. La strategia è su due fronti: il nemico sono i 5S, l’obbligo è battere seppure di misura il centrodestra per avere l’incarico e poi accordarsi con Berlusconi. Serve perciò una coalizione da Ap (Maurizio Lupi in settimana era a colloquio con De Luca e a breve potrebbe arrivare anche Ciriaco De Mita in rotta con l’Udc, tornato a destra) fino a Campo progressista (Renzi considera Pisapia già a bordo), passando per Idv, Verdi, Psi e anche Emma Bonino, se decidesse di mettersi in gioco. Alla sinistra Martina offre le leggi sullo ius soli e il fine vita, la revisione degli automatismi per l’aumento dell’età pensionabile, pensioni contributive di garanzia per i giovani, più risorse per la lotta alle povertà. Ancora a Martina tocca alleggerire la tensione tra il partito a trazione renziana e il premier, a cui stasera tocca la ribalta: «Ringraziamo Paolo Gentiloni. Noi siamo una squadra».

Attesissimo l’intervento di Andrea Orlando, la conferenza programmatica si tiene perché è stato il Guardasigilli a chiederla. Dal suo gruppo, prima dell’avvio dei lavori, si sottolinea come mesi di tensioni abbiano dato ragione all’opposizione interna: il partito non andava isolato ma anzi bisognava lavorare alla coalizione. «L’addio di Grasso rende il Pd più fragile – dice dal palco Orlando – e la speranza è che ci si possa incontrare di nuovo grazie alla ricomposizione del centrosinistra. La squadra di cui stiamo parlando dovrebbe cominciare a dire tutti i giorni le stesse cose e non ogni giorno cose diverse. Oltre che contestare i salotti buoni, dovremmo contestare le idee prodotte nei salotti buoni». E poi l’affondo su Bankitalia: «Non so se Renzi si farà una ragione della designazione di Visco, ma credo che adesso sia importante discutere su come dare al nostro sistema creditizio credibilità internazionale. Analizzare, al di là dei nomi, ciò che non ha funzionato nel sistema della Vigilanza». Renzi arriva poco prima delle 20, in tempo però per ascoltare Ettore Rosato dire: «L’invito a Pisapia è aperto e non solo a lui. C’è ampio spazio per tutti nel centrosinistra».