Quando si tratta di scrittori, individui spesso scarsamente modesti e notoriamente inclini a sviluppare un ego ipertrofico, il confine tra sprezzatura e alterigia è spesso scivoloso: conciliare l’apprezzamento per l’autore e l’eventuale antipatia per l’uomo è un’impresa disperata. Martin Amis rientra in questa casistica. Fra le voci più interessanti della letteratura britannica contemporanea, lo scrittore è anche l’irritante quintessenza dello stereotipico sussiego aristocratico inglese.

Nell’ultimo L’attrito del tempo Bellow, Nabokov, Hitchens, Travolta, Trump. Saggi e reportage 1986-2016 (traduzione di Federica Aceto, Einaudi, pp. 377, e 22,00), raccolta di saggi decisamente personali, separare l’individuo dalla scrittura è molto arduo, perché la voce non di rado eccessiva dell’autore risulta il più delle volte un ingombrante valore aggiunto. Amis possiede un’intelligenza feroce e una penna affilata, e dimostra di essere un lettore estremamente sensibile e un interprete acuto (benché spesso opinabile) dei suoi tempi.
Con l’eccezione di pochi momenti sinceramente illeggibili («Su Jeremy Corbyn, capo dell’opposizione di Sua Maestà» è un indigesto trionfo di classismo, paternalismo e sterile arroganza), l’irriverente franchezza dell’ex-enfant terrible trasmette riflessioni cristalline. Particolarmente interessanti sono gli scritti dedicati agli Stati Uniti, paese al quale Amis è fortemente legato. L’analisi del narcisismo rampante di Donald Trump attraverso il narratore sempre più delirante dei suoi vari «best seller», e del campionario umano spesso grottesco dei partecipanti alle primarie repubblicane, rivaleggia con gli straordinari reportage politici di Hunter S. Thompson.

In «Americana (andando verso ovest)» Amis dimostra una brillante vena comica nel descrivere la sua disfatta alle Poker World Series di Las Vegas, regalandoci anche quello che è forse il pezzo migliore della raccolta, «Pornoland», ironico resoconto del mondo dell’hardcore californiano. Ma il lato più apprezzabile della mente poliedrica dell’autore è certamente quello che risulta dai saggi sulla letteratura. Affrontando i suoi maestri di stile, Nabokov, Bellow e Updike, Amis si produce in una lettura attenta ed elegante, dimostrando una ricettività non comune nei confronti della forma e del linguaggio – caratteristica del resto evidente nei suoi romanzi. Che lo si ami o lo si odi, lo scrittore resta una voce fieramente indipendente e autentica, un idiosincratico e controverso intellettuale dei nostri giorni.