Quando il 22 aprile 1925 sul palcoscenico del Teatro Odescalchi di Roma va in scena con grande successo «Nostra Dea» di Bontempelli con Marta Abba, l’attività della Compagnia del Teatro d’Arte diretta da Luigi Pirandello si è inaugurata da un paio di settimane. L’incontro tra il grande scrittore siciliano, diventato finalmente capocomico, e la giovane attrice milanese è avvenuto solo pochi giorni prima, durante le prove. Lui ha cinquantotto anni, lei venticinque. Destinato a durare fino alla morte di Luigi avvenuta il 10 dicembre 1936, il rapporto è entrato ormai nella mitologia del teatro moderno, inaugurando le prime grandi rappresentazioni a Parigi, Berlino, Basilea, negli Stati Uniti. «Così è (se vi pare)», «Enrico IV», «Il piacere dell’onestà» trionfano dappertutto, anche grazie alla vibrante freschezza della nuova attrice pirandelliana, che il maestro sembrava aspettare da tempo. In vista della tournée l’inizio e l’epilogo di «Sei personaggi in cerca d’autore» vengono modificati e nel nuovo finale Marta, la Figliastra, scende dal palcoscenico per attraversare di corsa la platea e avviarsi all’uscita, mentre la sua agghiacciante risata stridula risuona nell’aria. Il sodalizio continua prima nella Compagnia Pirandello dal ’26 al ’28 e poi dal ’29 al ’34 nella Compagnia Abba, che chiude con la dannunziana «La Figlia di Jorio», protagonisti Abba e Ruggeri, in occasione del Convegno Volta nell’anno del Nobel.

Continua soprattutto con le centinaia di lettere di Luigi a Marta e di Marta a Luigi dove, tra un «Caro Maestro» e un «Solo due righe in fretta», il legame tra il drammaturgo e l’attrice ideale passa attraverso l’esaltazione di lui («Io non vivo, non penso, non respiro che per Te») e l’ammirazione di lei («Caro e adorato Maestro, Lei col Suo volto pallido di precise linee di scultura magnifiche di bellezza»). A suo modo una grande storia d’amore. Platonico. Anche se non c’è niente di meno platonico dell’amore platonico. L’omaggio all’attrice allestito dall’Istituto di Studi Pirandelliani di via Bosio a Roma aggiunge diciassette lettere inedite di Marta a Luigi, assieme a vari materiali dell’archivio personale di recente acquisizione, tra cui spicca lo scritto autobiografico «La mia vita di attrice», curioso documento di autocelebrazione narcisistica. Oltre a una foto dello scrittore che guarda in macchina in costume da bagno, sono di grande interesse, come un ritrovato messaggio nella bottiglia, le foto di Marta dagli anni venti agli anni settanta, comprese quelle del suo matrimonio americano sullo sfondo della villa di Pasadena in California. Strepitose.
«L’attrice ideale. Marta Abba nella vita e nell’arte di Luigi Pirandello» a cura di Dina Saponaro, Lucia Torsello De Luca, 30 euro