Se qualcuno si aspettava un segnale di pace rivolto da Renzi a Marino dopo la cacciata in malo modo del giorno prima, è segno che non conosce il premier. L’uomo è fatto così: quando adotta una strategia ci vogliono le bombe per fargli cambiare idea. In questo caso, poi, è più che mai convinto di aver fatto la sola cosa possibile: apparire come l’uomo che ha liberato Roma dal sindaco inetto, e così facendo svincolare quanto più possibile l’immagine del Pd da quella dell’ex sindaco. In realtà la vera scelta fatta da Renzi nel giorno più lungo del Campidoglio, giovedì scorso, è stata questa. Difendere un primo cittadino già traballante, dopo la mazzata finale degli scontrini indebiti, era fuori discussione. Il segretario e premier avrebbe però potuto mettere le cose in modo da evitare una rottura definitiva con il defenestrando, oppure esaltare al massimo quella rottura. Ha scelto la seconda via.

E’ una scelta non priva di rischi. Il messaggio che Marino ha affidato a Fb giovedì sera non è una lettera d’addio ma una dichiarazione di guerra. Anzi peggio: il manifesto di una campagna elettorale. Che Marino stia pensando a una lista civica da mettere in campo a Roma, con se stesso come candidato, è certo. Il messaggio sarebbe chiaro, e i destinatari dello stesso anche di più. Di fronte a tutto l’elettorato di sinistra antirenziano, scontento dell’indirizzo impresso dal rampante al partito di cui sta rimodellando l’immagine a propria somiglianza, Marino si presenterebbe come il campione di una sinistra che non vuole diventare destra per raccattare i voti in uscita dal berlusconismo in disfacimento, e soprattutto come un politico scomodo per i poteri collusi con il malaffare, e solo per questo fatto fuori da quei medesimi poteri. Quasi certamente non gli basterebbe per vincere le elezioni, ma sarebbe sufficiente per decretare la sconfitta del candidato di Renzi, e quindi di Renzi stesso.

Marino il kamikaze potrebbe andare anche oltre. Da mesi nei palazzi circola una voce secondo cui avrebbe conservato documenti tali da provare un interessamento del premier a favore di Mirko Coratti, che a differenza di Marino stesso nella melma di Mafia Capitale è invischiato fino al collo. Forse è solo una leggenda di palazzo, ma forse no. E i beninformati aggiungono che, dopo la defenestrazione, ieri, Marino avrebbe portato quei documenti al sicuro, addirittura in un’ambasciata straniera protetta dalla extraterritorialità. Fondate o meno che siano le voci in questione, per la verità torrentizie, resta certo che per il Pd Marino è una mina vagante. «Se non gli troviamo un posto, può darci parecchio fastidio», ammetteva ieri a denti stretti un alto ufficiale renziano. Probabilmente però «un posto» non basterebbe: troppo profonde la rabbia e il rancore dell’ex sindaco, e troppo alta l’opinione che ha di se stesso, per accontentarsi. Marino non correrà contro il suo stesso partito solo se la tempesta giudiziaria che si addensa su di lui lo renderà impossibile. Potrebbe essere indagato con accuse pesanti: peculato e falso ideologico. Certo, al momento delle elezioni l’eventuale processo sarebbe lontano, ma in Italia, spesso, la sola iscrizione nel libro nero basta ad azzoppare qualsiasi cavallo. Spesso, non sempre, come il caso De Luca dimostra, e cosa determini le reazioni opposte nell’elettorato è a tutt’oggi inspiegato.

In parte la decisione di Marino potrebbe essere influenzata anche da quella di Beppe Grillo. A Roma, oggi, l’M5S è il grande favorito, ma non è detto che il comico miri davvero alla vittoria. Certo, conquistare Roma sarebbe un viatico perfetto per reclamare la guida del Paese nelle elezioni del 2018. In mezzo però ci sarebbero due anni di prova durissima per l’eventuale sindaco pentastellato. Un fallimento sarebbe esiziale non solo nella Capitale ma nell’intero Paese. Se Grillo combatterà per vincere o solo per piazzarsi alla grande lo si capirà dalla scelta del candidato: se punterà su una delle star del suo movimento, come Di Maio o Di Battista, vorrà dire che vuole davvero il Campidoglio, se si affiderà alle primarie della rete, il segnale sarà opposto. In quel caso l’attrazione esercitata da Marino sul popolo anti renziano lieviterebbe.