La strage tunisina è l’occasione per Roberto Maroni per tornare ad attaccare le moschee. “Se la Tunisia ha chiuso alcune moschee – dice il governatore della Lombardia – significa che è una strada che dobbiamo considerare e anche seguire. Mi auguro che il ministro dell’Interno e il governo non si facciano prendere da ideologismi di nessun tipo, mettendo in primo piano la sicurezza dei cittadini e arrivando, se necessario, a chiudere delle moschee”. Alcune, si presume: in Lombardia vivono 450 mila musulmani.

Di quale ideologismi parla? Maroni approfitta della strage di Sousse anche per tornare sulla vicenda della legge regionale cosiddetta “anti moschee” che il governo è stato costretto ad impugnare per incostituzionalità, essendo piena di castronerie e scritta (male) per fini propagandistici. Gli stessi che ispirano le considerazioni dell’assessore alla sicurezza (e all’immigrazione) Simona Bordonali. Anche lei non va per il sottile: “Mi auguro che non si debba assistere anche in Italia a un attentato terroristico, prima di capire che è necessario combattere l’estremismo islamico. La Tunisia, dopo lo sconvolgente attentato dei giorni scorsi ha deciso di chiudere 80 moschee dove si incitava alla violenza e all’odio religioso. Spero che il governo italiano prenda una misura preventiva e agisca per limitare i pericoli”. Stando a quando denunciato dal Caim (Coordinamento delle associazioni islamiche di Milano), sembra però che il giro di vite sia già operativo: “Nelle ultime settimane è arrivata una quindicina di ordinanze di chiusura per i nostri centri di preghiera e di questi quattro solo a Milano”, ha dichiarato Davide Piccardo del Caim.

Foad Aodi, medico palestinese presidente della Comunità del Mondo Arabo in Italia, non ha gradito l’affondo leghista: “Siamo molto indignati per la sparata del governatore Maroni, dopo queste sue parole abbiamo ricevuto centinaia di telefonate di persone indignate. Eppure come ministro degli Interni ha sempre avuto un atteggiamento ragionevole”. L’associazione ricorda di essere stata tra le prime a chiedere misure di sicurezza, come “la mappatura delle moschee autorizzate e l’elenco di quelle sospette” e “la richiesta di recitare in italiano la preghiera del venerdì”. Proprio per questo, “respingiamo dichiarazioni generalizzate contro l’Islam”. Secondo Foad Aodi le “sparate” del governatore si spiegano anche con la guerra interna piuttosto meschina in corso all’interno della Lega: “Non vorrei che i musulmani debbano pagare il prezzo dell’invidia che c’è tra Maroni e Salvini”.

Per Lia Quartapelle (Pd) l’idea di chiudere le moschee è irragionevole. “Tra l’altro – precisa – in Italia non sono mai state aperte con regolare autorizzazione, come dovrebbe sapere da ex ministro dell’Interno. Solo la moschea di Roma e poche altre sono state aperte regolarmente sulla base di accordi internazionali. Chiudere le moschee non serve: occorre invece un processo negoziale per concordare l’apertura di luoghi di culto islamici, piuttosto che avere centinaia di luoghi clandestini dove i fedeli si recano a pregare”. Anche Lucia Castellano, capogruppo regionale Patto Civico, definisce inaccettabili le parole di Maroni. “Negare la libertà di culto violando uno dei diritti sanciti dalla Costituzione – scrive – non garantisce più sicurezza. Al contrario. Garage e scantinati sono forse più controllabili di una moschea riconosciuta? O risultano soltanto più funzionali al caos e quindi proprio ai cavalli di battaglia del Carroccio e del centrodestra?”.