Nel tardo pomeriggio di ieri la Farnesina, in un comunicato, ha annunciato l’attivazione delle procedure per l’arbitrato internazionale relative al caso dei due fucilieri di Marina Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, unici sospettati per l’omicidio dei due pescatori indiani Ajesh Binki e Valentine Jelastine nel febbraio del 2012.

La svolta arriva dopo che la Corte suprema aveva ricalendarizzato l’udienza del caso, prevista per il primo luglio, al 14 luglio, un giorno prima della scadenza del permesso grazie al quale Massimiliano Latorre, per motivi di salute, è in Italia dallo scorso mese di settembre.

Il ricorso all’arbitrato internazionale è da anni il presunto asso nella manica della diplomazia italiana, che fino a questo momento ha sempre cercato una risoluzione del caso – che ormai si protrae da oltre tre anni – per vie politiche, sondando la disponibilità dei due governi che si sono succeduti a New Delhi dal 2012 nella speranza di trovare un accordo tra le parti.

Accordo che, pare chiaro, non è stato possibile raggiungere. Nei mesi scorsi il governo di Narendra Modi aveva fatto trapelare la notizia di avere sul tavolo una proposta fatta pervenire da Roma: un documento dal contenuto segreto che l’esecutivo, ha chiarito, stava valutando, dopo che numerosi rinvii e le posizioni inconciliabili di difesa e accusa avevano fatto arenare il procedimento penale in una fase di stallo.

L’India sostiene di avere la giurisdizione esclusiva del caso, cioè di avere il diritto di giudicare Latorre e Girone per la probabile accusa di omicidio colposo. «Probabile» poiché, accogliendo i ricorsi della difesa italiana riguardo la partecipazione della polizia federale National Investigation Agency (Nia) nell’istruzione del caso, i giudici indiani hanno di fatto impedito la formulazione del documento d’accusa da parte degli inquirenti della Nia, che pur hanno annunciato nei mesi scorsi di essere in possesso di prove sufficienti ad aprire il dibattimento.

L’Italia, dal canto suo, ritiene che i due fucilieri di Marina debbano essere giudicati da una Corte Marziale italiana, in virtù dell’immunità funzionale che copre elementi dell’esercito in missione.

Attivate le procedure per l’arbitrato internazionale – parafrasando il comunicato della Farnesina, «nel quadro della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare» – toccherà a un pool di giudici terzo decidere chi tra India e Italia possa aprire definitivamente il processo. I tempi per raggiungere una sentenza nel merito – cioè non decidere se Latorre e Girone siano colpevoli, bensì decidere quale organo giuridico abbia il diritto di istruire il processo che li riguarda – secondo l’opinione di diversi giuristi si aggirerebbero intorno ai 2 o 3 anni. Anche per questo, ricorrere all’arbitrato internazionale è sempre stato considerato da tutti i governi italiani coinvolti nel caso – Monti, Letta, Renzi – come una «extrema ratio», prediligendo un confronto diplomatico giudicato più spedito.

Il primo ministro indiano Narendra Modi in passato ha dichiarato che il caso è nelle mani della Corte Suprema e che ogni azione del governo nel merito non può che essere subordinata ai pronunciamenti dei massimi giudici indiani. Nel comunicato della Farnesina si legge che, contestualmente alle procedure di internazionalizzazione della vicenda legale, «l’Italia chiederà immediatamente l’applicazione di misure che consentano la permanenza di Latorre in Italia e il rientro in Patria di Girone».

Massimiliano Latorre, che nel settembre del 2014 ha sofferto di un attacco ischemico a New Delhi, sta seguendo un percorso di riabilitazione completa in Italia, in virtù di una licenza di tre mesi concessa dalla Corte Suprema e rinnovata, per due volte, per un totale di altri sei mesi, in scadenza il prossimo 15 luglio.

Salvatore Girone risiede all’interno dell’ambasciata italiana a New Delhi.