Tutto come pronosticato, ieri in Corte suprema a New Delhi: i giudici, valutando la richiesta dei legali del fuciliere Massimiliano Latorre, hanno esteso la proroga – disposta per motivi sanitari lo scorso settembre – ad altri tre mesi. Il sottufficiale di Marina potrà rimanere in Italia fino al 15 luglio. La situazione rimane quindi invariata, con un’attesa della risoluzione del caso Enrica Lexie che si sviluppa su due binari: Latorre in Italia da oltre sette mesi in seguito a un’ischemia cerebrale sofferta a New Delhi; Salvatore Girone trattenuto nella capitale indiana in semi-libertà, con obbligo di firma settimanale alla stazione di polizia di Chanakyapuri, il quartiere diplomatico di New Delhi, dove il sottufficiale risiede entro le mura dell’Ambasciata d’Italia. Dopo oltre tre anni dalla morte dei pescatori Ajesh Binki e Valentine Jelastine al largo delle coste del Kerala (i due fucilieri italiani rimangono ad oggi gli unici indagati) i nodi da sciogliere sono due, uno burocratico-procedurale e uno giurisdizionale. I legali dei due sottufficiali hanno contestato la posizione della polizia antiterrorismo National Investigation Agency (Nia) nella fase istruttoria, in quanto non potrebbe formulare ufficialmente le accuse in mancanza dell’utilizzo di leggi federali ad hoc (già escluse dalla Corte). Inoltre, l’Italia contesta la giurisdizione esclusiva del caso che l’India, in un primo momento, aveva avocato a sé: si tratta di due diverse interpretazioni delle leggi internazionali in materia di reati commessi nella cosiddetta «zona contigua», un’«area grigia» del diritto internazionale tra le 12 e le 24 miglia marittime; i giudici indiani si pronunceranno in merito non prima di un’udienza fissata per luglio. Per la liceità della Nia, invece, ieri i giudici hanno annunciato un’altra udienza per valutare il ricorso italiano, che sarà calendarizzata entro la fine di aprile.