La settimana entrante sarà l’ennesima possibile «svolta» nel caso dei due marò in India. Un appuntamento che, viste le precedenti aspettative di Roma puntualmente disattese dal sistema giuridico indiano, sarebbe il caso di attendere con quanta più precauzione possibile.
Lunedì la Corte suprema valuterà una nuova richiesta di proroga del rientro in India di Massimiliano Latorre, fissato per il 13 gennaio. Elemento di novità rispetto alla richiesta di qualche settimana fa, rigettata informalmente dai giudici e ritirata ufficialmente dai legali dei due fucilieri, è l’operazione cardiochirurgica alla quale Latorre si è sottoposto il 5 gennaio. Dal policlinico di San Donato Milanese fanno sapere che l’operazione è perfettamente riuscita. Il periodo di degenza post operatoria, però, non permetterebbe al fuciliere di sostenere un viaggio intercontinentale e perciò si torna a contare sulla buona volontà della giustizia indiana, chiamata a fare un nuovo strappo alla regola.

Accusati di duplice omicidio, i due marò da quasi tre anni hanno potuto godere di un regime di limitazione della libertà inedito in India, considerando la gravità del crimine che gli viene contestato. L’accondiscendenza pare incontri diverse resistenze all’interno dell’esecutivo indiano. Nell’ultima settimana fonti anonime del governo hanno affidato al quotidiano Economic Times una serie di retroscena che non depongono a favore dei due sottufficiali di Marina. Il 2 gennaio, un funzionario di Delhi ha rivelato che, secondo il ministero degli Interni, l’unica garanzia del ritorno di Latorre in India sarebbe stata trattenere Salvatore Girone nel paese, negandogli la licenza per passare il Natale con la famiglia in Puglia.

Passano pochi giorni e la stampa italiana rilancia la «preoccupazione» di Ban Ki Moon, segretario generale all’Onu, per il braccio di ferro italo-indiano. In realtà, il portavoce della segreteria dell’Onu si era limitato a ribadire che la posizione delle Nazioni Unite non era cambiata rispetto a un anno fa, quando si chiarì che il caso dei due fucilieri veniva considerato una «questione bilaterale» che India ed Italia avrebbero dovuto risolvere soddisfacendo entrambe le parti.
Ieri, l’ennesima picconata contro i due imputati. Sempre sull’Economic Times, è stata la National Investigation Agency (Nia) a rincarare la dose, sostenendo di avere le prove per accusare Latorre e Girone di omicidio preterintenzionale. Secondo quanto rivelato da un funzionario della Nia, i due fucilieri avrebbero «sparato al peschereccio in assenza di provocazione o altri elementi che potessero farlo scambiare per una barca di pirati», esplodendo «20 colpi di arma automatica in direzione dell’imbarcazione a una distanza di 125 metri». Secondo il documento dell’accusa, a quella distanza i militari non avrebbero potuto sbagliarsi e scambiare Ajesh Binki e Valentine Jelastine per pirati.

L’impianto accusatorio, hanno ribadito ancora dalla Nia, sarebbe pronto per essere depositato agli atti. Bisogna solo aspettare di sciogliere il nodo della giurisdizione e capire dove si farà il processo. Decisione che, salvo nuovi colpi di scena, non arriverà prima della prossima udienza in Corte suprema, fissata per il mese di marzo.