Spiazza tutti, o almeno questa è la sensazione. Parla guardando dritto davanti a sé senza muovere un muscolo della faccia, consapevole della bordata che sta dando al governo di cui lui pure, almeno fino a questo momento, fa parte. E a conclusione dell’intervento alla Camera, dove è stato chiamato con il collega della Difesa Giampaolo Di Paola per riferire sulla vicenda dei due marò prigionieri in India, il ministro degli Esteri Giulio Terzi dà l’affondo finale: «Ero contrario a rimandare in India La Torre e Girone, ma la mia è rimasta una voce inascoltata.

Le riserve da me espresse non hanno prodotto alcun effetto e la decisione è stata un’altra. E per questo mi dimetto dal governo». Un annuncio che è come un pugno allo stomaco per Di Paola, seduto accanto a Terzi. Ma che lascia senza parole anche il presidente del consiglio Mario Monti che si dice «stupito» e si affretta a spiegare che le valutazioni espresse dal suo ministro «non sono condivise dal governo». «Sconcertato» si dice invece il presidente della repubblica Giorgio Napolitano, che subito chiama Monti al Quirinale per avere chiarimenti e alla fine gli affida l’interim degli Esteri.

Tutto ci si poteva aspettare dall’audizione di ieri alla Camera dei due ministri, tranne che la vicenda dei due fucilieri Massimiliano La Torre e Salvatore Girone si trasformasse nell’ennesima farsa politica all’italiana. Le parole di Terzi sono una cannonata sulle residua credibilità del governo tecnico e non a caso riscuotono applausi sperticati dai banchi di Pdl e Lega, con Brunetta che chiede di sospendere la seduta e La Russa che vuole chiamare subito il presidente del consiglio in aula. Proposte bocciata dal presidente dell’aula Laura Boldrini che, dopo una riunione della capigruppo, fissa l’audizione di Monti per oggi.

Ma intanto tocca a Di Paola reagire a nome del governo. E le parole che usa sono l’annuncio di uno scontro durissimo. «Sarebbe facile dimettermi ma non lo farò – dice il titolare della Difesa -. Sarebbe facile oggi lasciare la poltrona che comunque a breve lascerò al nuovo ministro che arriverà. Sarebbe facile, no cost, ma non sarebbe giusto e non lo farò. Non abbandonerò la nave in difficoltà con Salvatore e Massimiliano a bordo, fino al mio ultimo giorno di governo». Fino al momento delle dimissioni, l’intervento di Terzi è una difesa di tutte le scelte fatte dalla Farnesina e dal governo. Il ministro respinge le accuse di aver agito da solo. «Tutte le istituzioni erano informate e d’accordo sulla decisione di trattenere in Italia i marò».

Spiega che la decisione delle autorità indiane di privare il nostro ambasciatore dell’immunità diplomatica è stata considerata da tutti i partner un atto illegittimo, che aveva indebolito il governo di Delhi. E che alla fine erano giunte rassicurazioni circa la non applicazione della pena di morte ai due marò. «Il 20 marzo all’approssimarsi della data di rientro dei due marò da New Delhi arrivano accenni di disponibilità a risolvere la controversia in tempi brevi, a patto che il rientro dei marò avvenisse entro il 22 marzo». spiega. Le rassicurazioni indiane – secondo Terzi – sarebbero state giudicate idonee dal sottosegretario agli Affari esteri Staffan De Mistura.

Nonostante questo, però, Terzi dice di aver chiesto ulteriori assicurazioni durante una riunione alla quale oltre a lui erano presenti i ministri della Giustizia e della Difesa e della quale era stata informata la presidenza del consiglio, ma che non avendole ottenute si è detto contrario a rimandare La Torre e Girone in India. Però non si dimette subito, come gli viene rimproverato in molti degli interventi che seguono, ma aspetta ieri per farlo davanti alla Camera e all’insaputa del suo esecutivo. «Siamo all’8 settembre del governo tecnico. Pensavamo di aver visto tutto in questa aula, ma ci mancavano le dimissioni in diretta».

Alessandro di Battista, deputato 5 stelle, solleva invece la questione di chi avrebbe ordinato alla nave con i fucilieri di dirigersi verso l’India: «Vogliamo sapere, signori ministri – ha detto – quale sia stata l’autorità che, consultandosi con gli armatori dell’Alexia, ha consentito l’inversione di rotta della nave, come intimato dalle autorità indiane. Inversione effettuata dopo due ore dall’incidente». Dalla tribuna, dove è seduta insieme alla sorella di La Torre e a una folta rappresentanza del Cocer interforze, la moglie di Girone, Vania Ardito, urla verso l’aula: «Riportate a casa mio marito». Le divisioni interne al governo non sono piaciute ai familiari dei due marò. «A noi non interessano le questioni tra ministri – dice – non entriamo e non vogliamo farlo nel merito di queste faccende».