«C’è profumo di elezioni» ha detto il premier greco Kyriakos Mitsotakis in una delle sue tournée pre elettorali. Uno dei profumi più intensi riguarda l’annosa questione del ritorno al Partenone dei marmi sottratti più di due secoli fa da Lord Elgin. Lo ha riportato sulla scena lo stesso premier, incontrandosi segretamente nell’arco di tre mesi con George Osborne, già ministro britannico delle Finanze e ora direttore del British Museum, dove sono esposti i marmi. Incontri effettuati in violazione della decisione dell’Unesco: il problema dei marmi del Partenone non riguarda i musei ma i rispettivi governi. E ora l’iniziativa di Mitsotakis ha provocato tensione tra l’Unesco e Atene, visto che era stata la Grecia a chiedere di incaricare i governi della questione.

Che sia in corso un negoziato in cui l’archeologia viene scomodata per la propaganda elettorale, lo mostra il fatto che ai colloqui segreti ha partecipato tempo fa il ministro alla presidenza del consiglio Yiorgos Gerapetritis e più di recente quello degli Esteri Nikos Dendias ma non la ministra della Cultura Lina Mendoni. Secondo Gerapetritis il dialogo «tra il governo greco e il British è a buon punto» anche se gli archeologi greci non sono stati minimante informati. In compenso, è iniziata la campagna stampa con titoli vistosi sul presunto “accordo” tra Atene e Londra ma con grande confusione sui suoi termini. Secondo Despina Koutsoumba, presidente dell’Associazione degli Archeologi, non c’è nulla di concreto: «C’era qualche accordo di massima con Boris Johnson, ma con le sue dimissioni è saltato per aria. È rimasta solo la campagna pre elettorale, a cui contribuiscono anche giornali britannici, foraggiati da alcuni armatori greci con sede a Londra».

A rendere le cose ancora più misteriose anche la visita di Mistotakis a re Carlo III qualche settimana fa. Una visita decisa a sorpresa quando il premier britannico non ha voluto incontrare l’omologo greco. Di cosa si sia discusso non si sa. Si sa solo che il premier greco ha affidato all’istituto privato del sovrano britannico il restauro dell’ex residenza reale a Tatoi, poco fuori Atene. Si tratta forse di un accordo per riavere i marmi? La famiglia Mitsotakis non nasconde la sua simpatia per i Glucksburg, la dinastia danese che ha malgovernato la Grecia per un secolo e mezzo. I Windsor sono imparentati con i Glucksburg. E l’ultimo re della Grecia Costantino II, non ha mai smesso di rivendicare Tatoi, malgrado il generosissimo risarcimento incassato. L’ex residenza reale potrebbe entrare nella partita dello scambio con i marmi.

Visto che il premier britannico Rishi Sunak lunedì ha escluso di abolire la legge che proibisce al British di privarsi di qualsiasi reperto, sembra che i colloqui riguardino appunto uno scambio, come ha confermato anche George Osborne. Scambio che potrebbe essere temporaneo, per un’esposizione, oppure definitivo. Tra gli archeologi greci gira anche una lista dei reperti da trasferire a Londra, non si sa per quanto tempo: l’Hermes di Prassitele, l’Auriga di Delfi oppure la maschera d’oro di Micene. Mentre a Londra si parla anche della possibilità di aprire ad Atene una succursale del British con i marmi di Elgin. Soluzione salomonica ma che non risolverebbe il problema principale: la ricomposizione del fregio del Partenone.

Anche Nicolas Zirganos, giornalista specializzato in archeologia, argomento su cui ha appena pubblicato un libro, è estremamente scettico sul raggiungimento di un accordo: «È un argomento delicatissimo, che ha una dimensione morale, visto che riguarda il Partenone, il simbolo mondiale della democrazia. La maniera in cui viene trattato conferma che è un fuoco d’artificio pre elettorale, che rende difficili i negoziati. Non vedo possibili scambi, solo la possibilità, nel caso si svuotino le sale del British, di adornarle per un lasso di tempo con reperti celebri dai musei greci. Ma certo non il contrario, visto che la Grecia non ha mai riconosciuto la proprietà britannica dei marmi. Rendendo così impossibile qualsiasi prestito. È un nodo estremamente complesso che solo diplomatici capaci e coraggiosi possono sciogliere».