Torna in sala il Festival di Trieste al teatro Miela il 4 e il 5 giugno (e poi con un secondo fine settimana il 12 e il 13 dedicato a bambini e ragazzi). I film in programma ci riportano al tempo della guerra degli anni novanta, a quella violenza che sembrava ormai cancellata dal silenzio e dalla mancanza di contatto della pandemia. Se uno degli obiettivi della manifestazione è quello di «tenere viva attraverso il cinema, la memoria delle pagine più importanti della storia dell’Europa centrale», come dice Nicoletta Romeo direttrice artistica del festival con Fabrizio Grosoli, il programma raggiunge il suo obiettivo intanto nel ricordo di due grandi registi scomparsi lo scorso anno: Jiri Menzel con il magnifico Treni strettamente sorvegliati, Oscar 1967, a segnare l’attimo prima della morsa di ghiaccio che imprigionò tutta una generazione di cineasti e intellettuali (come Hrabal l’ispiratore di tutti i film di Menzel), un film talmente libero da far paura ai controllori. E Goran Paskalievic che con Sam Zimske Noci (2004, Sogno di una notte di mezza estate) attraverso il suo linguaggio limpido e potente ci mostra un paese distrutto nella sua mente e nella capacità di riprendersi, attraverso la presenza di una bambina autistica, di un’intera scuola di bambini con problemi di disabilità, di un reduce di guerra che ha visto troppi orrori, della mente ormai distante di una donna a cui hanno ucciso il figlio, a dimostrare che anche intere società, non solo le singole persone possono essere colpite da una forma di comportamenti autistici. Un andamento tenero dove già si intuisce il pericolo, che poi diventa esplosivo, secondo il ritmo del racconto del regista che con La Polveriera ci aveva raccontato la dissoluzione della Jugoslavia.

Il momento feroce della storia balcanica esplode con il sorpendente Dupe od Mramora (Culo di marmo)di Zelimir Zilnik, premiato a Berlino nel 1995, il più giovane esponente dell’onda nera jugoslava, diventato famoso per Il ritorno di Tito tra i Serbi, (1993) il film dove fa andare in giro per Belgrado un sosia di Tito mentre la gente gli si avvicina sorpresa, lodandolo e sperando in un suo ritorno, sardonico avvertimento ai leader politici in clima di guerra.

C’è un collegamento tra Zilnik e la Cecoslovacchia, poiché il suo Opere giovanili nel ’69, vincitore dell’Orso d’oro a Berlino, riprendeva le manifestazioni degli studenti a Belgrado contro l’occupazione sovietica a Praga. Preso di mira subito anche lui dalla censura si spostò in Germania a produrre i suoi film come autore indipendente per tornare poi in Jugoslavia alla fine degli anni Settanta (mandato via anche dalla Germania per motivi politici).
Non si può dire che tra le sue caratteristiche ci sia un’ironia gentile o una vena di surrealismo come i sui colleghi della nova vlna, Zinik brandisce il suo cinema come un’arma letale, rendendo visibili e degna di cittadinanza anche la parte più miserabile del popolo. Così Dupe od Mramora stupisce ancora per l’audacia, un travestito come protagonista.

È Marlinka, il primo travestito dichiarato dell’ex Jugoslavia, interprete di altri film di Zilnik, come il «fantascientifico» Lijepe zene prolaze kroz grad (Belle donne passano per la città, 1986).
Vjeran Miladinovic in arte Marlinka, la Queer star del film, è la parte femminile che si contrappone alla soldataglia disperata di ritorno dalla guerra, dal fronte bosniaco. Prostituta accogliente e organizzata, di fronte alle folli intemperanze di Johnny passa oltre nella casa frequentata anche dalla collega Sanela e dai militari di passaggio, gangster e campioni di body building, giocatori di biliardo. Pistole e coltelli, roghi e bastonate contro minigonne, glitter e tacchi alti, in un vortice di comportamenti che, secondo lo stile di Zilnik ha molto a che fare con il documentario (alcuni dei personaggi sono gli autentici frequentatori dei marciapiedi) e l’esplosiva percezione di un’epoca invasa dalla pazzia.

Marlinka è stata assassinata nel 2003, il corpo è stato ritrovato dopo un mese e l’unico indagato prosciolto, aveva 43 anni. Ma ora il suo nome è diventato un simbolo, i queer film festival in Serbia prendono il suo nome
Il film, anomalo nel panorama dell’ex jugoslavia, non creò scandalo, fu considerato un po’ estremo, ma non fu censurato. Il problema all’epoca era la Bosnia e la Croazia, non l’ambiente Lgbt. Il film si avvicina alla commedia (nera), con alcuni brani da locale notturno che riportano immediatamente alle band dei tempi di guerra (l’hard rock dei Love Hunters, il punk rock di Novi Sad dei Zbogom Brus Li). Proprio al festival Trieste si erano ascoltati i primi venti di guerra nei video delle band croate.

Al contrario è decisamente antimilitarista e ricco di umorismo e musica popolare o di rock paesano «ispirato ai Doors» il film croato campione di incassi di Vinko Bresan Kako je poseo rat na mom otoku (1996, Come la guerra è cominciata nella mia isola), commedia realizzata dopo la proclamazione dell’indipendenza, ambientata su un’isola dove tutti si conoscono ma sono schierati su fronti opposti, i nazionalisti contro la guarnigione dell’esercito jugoslavo, dove basta una canzone dedicata alla madre per far sciogliere in lacrime il capitano. Ma le cose non andarono proprio così.