I bambini costruiscono castelli di sabbia sulla spiaggia e a poche decine di metri i carabinieri cercano liquami velenosi nelle profondità della terra. Bisognerà scavare ancora per capire l’entità dei danni provocati dalla Marlane a Praia, in provincia di Cosenza. Lo ha deciso la procura di Paola, disponendo il sequestro dello stabilimento a pochi giorni dalla sentenza d’appello che ha assolto l’imprenditore Pietro Marzotto e i vertici della fabbrica tessile dalle accuse di omicidio colposo plurimo, lesioni gravissime e disastro ambientale.

Il nuovo provvedimento d’urgenza è stato emesso dal procuratore Pierpaolo Bruni e dal pubblico ministero Teresa Grieco. Per la terza volta in quasi due decenni si torna ad indagare dunque su una vicenda di cui il manifesto si è occupato più volte in questi anni, anche quando non erano in corso di svolgimento attività investigative da parte delle attività preposte. Stavolta l’attenzione degli inquirenti si concentra, oltre che sulle aree interne dello stabilimento, anche sulle zone circostanti dove sarebbero stati scaricati i liquidi tossici.

Si torna a sospettare che l’interramento di bidoni pieni di sostanze derivanti dalla lavorazione dei tessuti sia avvenuto per diversi anni. Nuove perizie e carotaggi saranno effettuati nelle prossime settimane, in particolare nell’area in cui è stato realizzato il depuratore delle acque reflue del comune di Praia a Mare.
Intanto ex operai della Marlane continuano a morire di cancro. I casi sui quali stanno lavorando in questi giorni gli inquirenti sono quelli relativi al decesso di 29 lavoratori e le patologie contratte da altri nove a causa delle esalazioni tossiche.
Nel nuovo fascicolo si ipotizza che siano «stati utilizzati prodotti tossico nocivi e/o cancerogeni», nonché «sostanze e preparati pericolosi per la salute dei lavoratori» tra i quali «sicuri cancerogeni umani» come il bicromato di potassio e il bicromato di sodio.

Le ripetute denunce dei comitati ambientalisti, le manifestazioni di protesta, hanno contribuito a mantenere alta l’attenzione su una vicenda che in tanti avrebbero voluto consegnare all’oblio. Poco distante dallo stabilimento, infatti, ogni estate migliaia di bagnanti affollano le spiagge di uno dei tratti più suggestivi del litorale calabrese.

Al vaglio dei magistrati l’operato di alcune delle figure già coinvolte nelle precedenti inchieste: indagati l’ex sindaco di Praia a Mare Carlo Lomonaco, in qualità di responsabile dello stabilimento dal 2002 al 2003, il responsabile dello stabilimento Attilio Rausse, l’ex amministratore delegato del gruppo Marzotto Silvano Storer, il responsabile del reparto tintoria Salvatore Cristallino, l’amministratore delegato e vice presidente della Marzotto Spa Ernesto Antonio Favrin, il responsabile dello stabilimento Vincenzo Benincasa, il responsabile del reparto finissaggio Ivo Comegna.

«Le nostre continue denunce cominciano a dare frutti – commenta Francesco Cirillo, ambientalista e scrittore, autore di un libro-inchiesta sull’intera vicenda – Una prova video schiacciante portata da me e dall’ex operaio Luigi Pacchiano durante le udienze non venne presa in considerazione né portata in discussione».

In provincia di Cosenza, altre vaste aree interessate da scarichi abusivi di scorie industriali come le ferriti di zinco nella piana di Sibari, le sostanze radioattive nella valle del fiume Oliva nei pressi di Amantea e i liquami della Legnochimica tra Rende e Montalto, attendono da anni di essere bonificate.