Se si vuole capire quanto la danza e la musica possano darsi a vicenda, Mark Morris è, tra gli artisti viventi, un maestro da cui non prescindere. Genio ribelle della danza americana anni Ottanta, chiamato a sostituire Béjart al Théâtre Royal de la Monnaie di Bruxelles nel 1988, dove rimase fino al 1991 sfoderando capolavori come L’Allegro, il Penseroso e il Moderato su musica di Handel, Morris esplora il rapporto tra musica e danza con una sottigliezza e originalità che dovrebbero fare scuola.

 

 

 

60 anni il prossimo agosto, Morris non ha mai concepito di mettere in scena un suo lavoro senza musica dal vivo. Piuttosto rinuncia. Al suo Mark Morris Dance Group, fondato nel 1980, ha affiancato nel ’96 il MMDG Music Ensemble ed è con queste due formazioni che dall’America si sposta in tournée.

 

 

 

 

L’altro ieri il suo spettacolo è stato ospite della XXVIII edizione della rassegna La Danza del Ponchielli di Cremona. Cinque titoli, Foursome in prima italiana: è un quartetto maschile sulle tre Gnosiennes di Satie, eseguite al pianoforte da Colin Fowler. Partitura notissima alla quale Morris affianca quella del corpo, o meglio dei corpi, perché i quattro uomini, vestiti in abiti sgargianti, rendono visibile la musica, come se si passassero le note, le frasi, gli accordi sulla scena.

 

 

 

Morris è abilissimo a giocare con la partitura musicale, la sua danza è una music visualisation, termine a volte usato in senso negativo, come se la danza fosse esageratamente asservita alla musica, ma non è il caso di Morris. Questo coreografo-musicista, nonché direttore d’orchestra, non è mai scontato nel trasferire la musica sul corpo, il ritmo nei piedi o nelle mani, la melodia nel busto o nelle braccia, la qualità dinamica del suono nell’energia del gesto e nel cambiamento degli spazi tra i corpi. Così anche la musica si nutre del confronto con la danza, con Satie, per Foursome, che diventa a sorpresa più jazzato, ironico, nostalgico. È la ricchezza di un dialogo in cui la tessitura dei dettagli di movimento è imprevedibile, pur nella leggibilità coinvolgente della musica.

 

 

 

Musica da vedere, danza da ascoltare. Impressione che si conferma negli altri pezzi, il sentimentale duetto di coppia Jenn and Spencer, dal nome dei danzatori del cast originario, su musica di Cowell per violino (Georgy Valtchev) e piano (Fowler), Words su musica di Bartholdy, viaggio nelle qualità emozionali del movimento per otto danzatori, il solare Excursions su musica di Barber, la vorticosa danza tribale della Polka sul duo per violino e piano di Lou Harrison Grand.