Il mondo è qui, sempre più consumato, mai rialzatosi realmente e sempre maledettamente peggiore: i forti hanno vinto, la cattiveria domina e i ricchi non piangono mai.

Sullo sfondo, un male, incorretto e mai pago, miete vittime da est a ovest e da nord a sud. Noi restiamo a casa, con lo sguardo fermo su ciascun particolare di una quotidianità che, quasi, non riconosciamo più.

Soffriamo una sospensione di vita, un vuoto d’aria che rimbalza in noi ogni volta che si prova ad immaginare come e quanto sarà bello dopo, quando tutto sarà finito.

Se tutto questo fosse servito a congelare i nostri progetti, per poi poter riguadagnarli con tutta la vita possibile, allora, ci consoleremo. Ma non è così: è perduto un frangente di spirito. Abbiamo abdicato a noi stessi e vanificato tutto, senza sapere quando torneremo ad essere quelli di un tempo. E nel frattempo pare che questa vita va solo perché deve andare. 

Se tutto questo fosse servito a ritrovarci, dopo avere rinunciato solo a qualche Tuo ritorno e soltanto a qualche birra insieme, quel che abbiamo patito avrebbe avuto un senso. Ma non è così: resterà appiccicata alle pareti della mente la chiacchierata del pomeriggio di Natale del 2019 su come ci si immaginava il futuro, a trentacinque, a quaranta e a settant’anni. Adesso il senno di poi ci lascia un sorriso beffardo.

Le strade e le piazze camminate con Te erano fatte di mille facce salutate, di mani strette e di abbracci sentiti. Per questo chi ti ha conosciuto sa che, senza di Te, null’altro può tornare come prima: le speranze sono finite in un bagaglio di ricordi o su un tavolo da sparigliare e rivissute tutte le volte che si chiudono gli occhi e si sente ancora la Tua voce.

Non c’è battaglia che tenga, progetto da non potere abbandonare, missione in corso da non lasciare: la vita è un bene troppo prezioso. Abbiamo imparato questo. Il senno di poi – quel maledetto – ce lo ha insegnato.

Il mondo è guasto e ferito e l’epoca mediatica non aiuta a squarciare il velo delle troppe verità: a Te poteva bastare anche solo l’avere conosciuto e saputo di tanti modi lontani, l’aver abbattuto l’ostacolo dell’ipocrisia, l’avere informato e condiviso. E invece ci sei andato fino in fondo. Sempre di fretta, sempre insofferente all’ingiustizia, Ti sei battuto per qualcosa che, poi, ti ha battuto. Se potessimo tornare indietro, ti intimeremo di stare attento perché col fuoco non si scherza.

Resta poco, veramente poco altro da dire, oggi che, in Tua assenza, sono trascorsi sette mesi durante i quali non abbiamo aspettato altro che venire a sapere che, in realtà, ti sei nascosto, che sei finito da qualche parte, che hai fatto amicizia con gente strana e che volevi startene solo un po’ per conto tuo.

Ecco, facciamo così: noi ti lasciamo in pace ancora per un po’ mentre ti pensiamo a rilassarti su un’amaca e a condividere serate con questi tuoi nuovi amici conosciuti in un bosco lontano. Sappiamo che con loro sei riuscito a parlarci e a farti capire (Tu solo sai come), ad essere subito parte integrante della loro comunità, a batterti per un nemico comune, a fare casino con loro, a farti volere bene e a scherzarci tutta la giornata.

Facciamo così: scherza, stattene con loro fino a quando vuoi, ma poi dacci un appuntamento e, sospirando, sapremo che stai tornando. Perché poi torni, vero?

Smettila di scherzare, Mario. Abbiamo bisogno di Te.