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Marino tratta con Sel. Che però è divisa

Marino tratta con Sel.  Che però è divisaIl Campidoglio – Lapresse

Roma Il rimpasto dopo le dimissioni del vicesindaco Luigi Nieri. I consiglieri a Fratoianni: «Non garantiamo il rientro in giunta». Il Pd: «Sbagliato»

Pubblicato circa 9 anni faEdizione del 16 luglio 2015

Paradossalmente, in queste ultime ore, non è tanto nelle mani di Renzi né di Alfano la sorte della giunta Marino, quella che il sindaco marziano ha definito nelle scorse settimane «di sinistra e per questo sotto attacco». Il giorno dopo le dimissioni «irrevocabili» del vicesindaco Luigi Nieri – che chi lo conosce molto bene racconta siano state dettate anche, e in misura consistente, dal sentimento di solitudine provato dentro il suo stesso partito – la palla passa proprio a Sel.

Spetta ai vendoliani, infatti, in qualche modo decidere se rompere o meno la coalizione che per due anni ha guidato Roma o rimanerci nei binari negoziati tra il Pd e Ignazio Marino. Se uscire cioè dal governo della città garantendo al sindaco dem solo un appoggio esterno – eventualità “minacciata” dal gruppo dei consiglieri capitolini, e anzi tecnicamente già in atto, come ha sottolineato il vicepresidente della Regione Lazio Massimiliano Smeriglio – o contrattare l’ingresso in giunta di almeno un paio di assessori in quota Sel, come auspicano i vertici nazionali in contatto diretto con il sindaco (Marino incontrerà oggi il coordinatore nazionale Nicola Fratoianni).

Il problema però è che mai quei 750 metri che separano via Arenula dal Campidoglio sono stati così infiniti come durante questa bufera politica romana.

Eppure non c’è molto tempo per la fase due del governo di Roma: entro pochi giorni, forse già entro questa settimana, arriverà il verdetto del ministro Alfano sulle infiltrazioni mafiose nel comune e la sua richiesta di commissariamento di pezzi importanti dell’amministrazione capitolina.

Il rimpasto della giunta con la sostituzione del vicesindaco e di almeno due assessori (tra cui il dimissionario Guido Improta, ai trasporti), arriverà subito dopo, come ha annunciato ieri lo stesso commissario dem Matteo Orfini. Che peraltro è comparso, tra gli altri, nel totonomi per la poltrona lasciata da Nieri, ma è assai difficile che sia il Pd che Marino vogliano sostituirlo nel suo ruolo di garante del partito romano. Più probabile che il nome giusto, quello che potrebbe soddisfare sia il premier/segretario che lo stesso sindaco, sia Alfonso Sabella, attuale assessore alla sicurezza. Di questo hanno discusso per un paio d’ore ieri, al Nazareno, Orfini e Marino.

I quattro consiglieri comunali di Sel però non ne vogliono sapere di «spartizioni partitiche e correntizie locali e nazionali». «Per quanto ci riguarda, la riorganizzazione complessiva di giunta, dipartimenti e commissioni deve essere funzionale ad obiettivi che interessano la città e i suoi cittadini – spiega il capogruppo Gianluca Peciola – parlare di poltrone in questo momento è ignobile. A noi interessa invece sapere come portiamo Roma fuori dalla crisi, quali risposte diamo a temi come legalità, lotta alla corruzione e alle mafie, rigenerazione della macchina amministrativa, sviluppo sociale ed economico, conversione ecologica, lavoro, decoro, mobilità, periferie. Vogliamo un esecutivo che sia in grado di negoziare con Renzi e con l’Europa l’allentamento del Patto di stabilità. In questa ottica, nell’ambito di un programma politico di sinistra – conclude Peciola – la delega agli assessori deve essere legata ad obiettivi dichiarati e verificabili. Se così non è, non è affatto scontato il nostro ritorno in giunta».

Parole indirizzate al sindaco e al Pd, ma anche al coordinatore Fratoianni. E alle quali risponde il capogruppo dem in Campidoglio Fabrizio Panecaldo: «Rompere la coalizione sarebbe un grave errore – dice rivolgendosi a Smeriglio – La cosiddetta fase due si fonda su una visione politica dello sviluppo della città, sulla difesa dei settori più colpiti dalla crisi, sulla capacità di essere più incisivi e aderenti alle attese dei cittadini. Oggi far dipendere la continuità della nostra coalizione dal mero discorso sulle nomine sarebbe un evidente sbaglio. Che la politica nazionale si occupi di Roma, nessuno di noi deve viverla come un’ingerenza, piuttosto come un’attenzione giusta e dovuta alla capitale d’Italia».

Marino invece non risponde alla destra che coglie tristemente l’occasione di un gioielliere ucciso durante una rapina in centro per rilanciare l’allarme sulla «città violenta e insicura» e chiedere le sue dimissioni. Ma poi strizza l’occhio al popolo della sinistra: «La più grande dote di un rivoluzionario è studiare. Lo scriveva Che Guevara ai suoi figli. È quello che stiamo facendo nel Comune di Roma. Abbiamo studiato molto ma anche messo in atto decisioni evidenti. Qui sta cambiando tutto».

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