«Non ho mai cambiato idea. Sono qua per restarci fino al 2023». Al Renzi 1 risponde il Marino 1, il marziano impolitico che finge di non capire e tira dritto per la sua strada finché il non meglio precisato «segno di discontinuità» che tutti ormai gli chiedono – dal premier/segretario in giù, nel Pd e nella maggioranza che lo sostiene in Campidoglio – non venga apertamente esplicitato nella forma più intelligibile del «rimpasto di giunta».

In realtà ieri la richiesta non poteva essere formulata più chiaramente, sia dal Pd romano che da buona parte di Sel, che ha riunito l’assemblea provinciale con l’obiettivo di condividere con la base del partito la posizione da assumere per uscire dal pantano politico che congela Roma. E perfino la Cgil locale ha fatto sapere che «per noi questa giunta ha terminato la sua spinta propulsiva». Ma «il sindaco – raccontano le persone a lui più vicine – non ha tempo di interpretare congetture o retroscena. E finora – assicurano – non ha ricevuto nessuna esplicita richiesta che vada in questa direzione. Né da Orfini, né da Renzi, né da altri».

Con Marino 1 torna anche la parola, rivolta «alla mia giunta, ai partiti della mia coalizione e alla città», per chiedere un sostegno maggiore nel cambiamento perché, dice, «tutto questo nostro lavoro di pulizia si deve accompagnare anche a un risveglio civico». Chiede comunque di giudicare «l’intervento alla fine, dopo la riabilitazione, quando il malato uscendo abbraccia medici e infermieri». E per il resto, «che mi sfiducino in Aula, se credono». E in effetti il M5S una mozione di sfiducia l’ha presentata, ieri. Ma i grillini hanno poi di nuovo disertato la conferenza dei capigruppo preposta all’eventuale calendarizzazione.

Dunque è difficile che la mozione arrivi, almeno per il momento, al voto dell’Aula. Dove comunque il maggior pericolo per Marino viene ancora da una parte del Pd, ritornato in acque agitate per il riordino delle commissioni capitoline la cui delibera potrebbe arrivare oggi stesso. Ad annunciarla è stato lo stesso capogruppo dei consiglieri dem confermando «la riduzione del 50% auspicata dal commissario Orfini». Ma Fabrizio Panecaldo non si ferma qui: «Nei prossimi giorni, nelle prossime ore – aggiunge – il sindaco verificherà se può continuare con la squadra che ha o cambiare verso, ossia rafforzare la squadra di governo in modo robusto».

Ma mentre il Pd va in subbuglio, il gruppo di Sel si tira fuori dalla spartizione delle commissioni, la prima è Imma Battaglia che lascia la presidenza della “Smart city”. «Per noi non è un problema solo di governo – afferma il coordinatore nazionale di Sel Nicola Fratoianni – Quanto al rimpasto di giunta, se ne può discutere ma dentro un ragionamento generale; chiediamo un segno di discontinuità immediato e radicale sui problemi reali di Roma, che sono lavoro, casa, mobilità, lotta al degrado». Il vicepresidente della Regione Lazio, Massimiliano Smeriglio, annuncia la richiesta di Sel al sindaco «di convocare a settembre gli stati generali dell’antimafia sociale perché dopo la bonifica del territorio con la chiusura dei servizi infiltrati dalle mafie occorre anche dare un’alternativa valida ai cittadini».

Il vicesindaco Luigi Nieri però non ci sta. Secondo alcuni rumors dal Nazareno sarebbe lui il primo della lista, nel cambio sostanziale da portare nella squadra di governo capitolina, con 4 o 5 renziani da affiancare a Marino. «Sono d’accordo su tutto ma mi fermo sulla questione dell’azzeramento della giunta – dice intervenendo all’assemblea provinciale del partito – È una cosa che va in bocca a chi ci ha portato qui. Ma se prendiamo questa decisione, un minuto prima io rassegno le mie dimissioni».

C’è un punto però su cui Nieri e il resto di Sel sono completamente d’accordo: «Può anche essere che questa è una giunta scarsa ma se non hai un bilancio è difficile che vai a tagliare l’erba. Il bilancio è stato a zero. Va bene criticare, fare le pagelline agli assessori ma dobbiamo partire dai dati reali». «A Renzi diciamo che se vuole aiutare Roma ha tutti gli strumenti per farlo, a cominciare dai fondi», aggiunge il capogruppo Gianluca Peciola. Proprio ieri Nieri ha denunciato la «linea intransigente del Mef» riguardo al salario accessorio dei dipendenti capitolini: «Il Mef non concede alternative praticabili, né offre una via d’uscita all’amministrazione di Roma basandosi solo su una serie di tecnicismi. Noi – conclude – abbiamo fatto tutto ciò che era possibile».