Prove tecniche di ricostruzione di un campo largo di sinistra a Roma. Stavolta però Ignazio Marino – che gioca in questa partita un ruolo di punta ma prepara pazientemente la strada alla propria candidatura, tenendola in serbo come l’asso nella manica da calare al momento giusto – spiazza perfino il gruppo capitolino di Sel che lo aveva invitato a un’assemblea pubblica organizzata all’Alessandrino, borgata periferica tra le più popolari della Capitale, per parlare del lavoro svolto in Campidoglio prima del «golpe» renziano.

Dopo un’ora di resoconti degli obiettivi raggiunti e dei tanti rimasti sulla carta o portati a compimento in questi giorni dal commissario Tronca, degli errori e delle trappole tese soprattutto «dal partito del sindaco e dal governo», il pubblico diventa irrequieto. «Vogliamo parlare del futuro, non del passato», grida qualcuno nella sala stracolma del Fusolab, bellissimo spazio multimediale messo su dai giovani del quartiere che testimonia la capacità della sinistra autorganizzata di contribuire a cambiare il volto delle periferie. «Se non capiamo il passato come possiamo pensare di costruire un futuro?», ribatte a metà del suo discorso l’ex consigliera Annamaria Cesaretti intervenuta dopo il capogruppo Gianluca Peciola, la sua collega Imma Battaglia, il vicepresidente del municipio ospitante (V) Stefano Veglianti e il coordinatore romano del partito Paolo Cento. E la parola passa subito – forza maggiore – alla star della serata. «Abbiamo un candidato, solo un candidato», urlano i fan più fedeli del «sindaco».

«Io voglio non un partito della nazione ma un partito di cittadini. E di sinistra. Non so immaginare una guida della città di centrosinistra che non abbia la parola sinistra scritto in grassetto. E questo partito è più forte di uno che si chiude in stanze chiuse a scegliere un candidato o a defenestrarne un altro», mette subito in chiaro Marino. Ad ascoltarlo, attento, in prima fila, c’è l’ex dem Stefano Fassina, al momento unico candidato della sinistra romana, appoggiato esplicitamente da Sel-Sinistra italiana (che ha avuto molti mal di pancia proprio per questa iniziativa con Marino, giudicata da alcuni fuoriluogo). Assente invece Luigi Nieri, l’ex vicesindaco di Sel dimessosi a luglio poco prima del «commissariamento» di Renzi. Il chirurgo attacca più forte: «Quello che più mi addolora – prosegue tra gli applausi – è che sono stato eletto da una coalizione di centrosinistra ma poi che quest’esperienza finisse è stato deciso da una coalizione che non so definire, così spuria che non è potuta andare in Aula ma dal notaio. Come si chiama la coalizione tra Pd ed eredi di Alleanza nazionale, tra centro e centrodestra?».

«Dobbiamo contrapporre il partito delle idee e delle persone a quello dei prefetti e dei commissari, tornare alla partecipazione democratica», aveva scritto l’ex sindaco su Facebook pubblicizzando l’assemblea «con gli amici e le amiche» del gruppo di Sel. Li ha ringraziati tutti, davanti alla platea del Fusolab: «Grazie a loro, nei 28 mesi di governo abbiamo messo in campo azioni importanti e di discontinuità, qualunque cosa dicano i media, ed è grazie al loro voto che oggi Tronca può usare i 47 milioni stanziati per rendere Roma più illuminata e sicura». Il riconoscimento è reciproco: per Imma Battaglia, leader della comunità lgbt, Marino è «un esempio nel mondo» per la sua battaglia sui diritti civili. Le critiche non mancano: Gianluca Peciola rimprovera a Marino di «non aver rifiutato i commissari di Renzi nel golpe di luglio e aver lasciato che il Pd sabotasse l’anomalia romana del centrosinistra. Cercano di farci abituare a una prassi di smantellamento della democrazia: non ci dobbiamo abituare».

«Perché ti sei consegnato mani e piedi al monocolore Pd uccidendo il centrosinistra – rincara la dose Cento – non tiriamo la giacchetta a nessuno, tu hai la tessera del Pd, ma serve un campo largo di sinistra per Roma». «Continuerò a dare il mio contributo insieme a una squadra per me straordinaria», risponde Marino.

«Ma che fa allora, si candida o no?», gli chiedono tutti. Domanda da girare a Stefano Fassina che prima di formalizzare la propria discesa nel campo elettorale romano ha incontrato Marino. «Non mi è parsa una candidatura, ma il bilancio di chi vuole proiettarsi avanti nelle forme che sono tutte da costruire. Bisogna rispettare il travaglio di un uomo che ha vissuto momenti difficilissimi». Fassina lo ha già detto: per lui la stagione di Marino «è chiusa». Per questo si è fatto avanti, con l’«entusiasmo» di Sinistra italiana. Ma l’ipotesi del ritorno del “marziano” è tutt’altro che remota. «Noi andiamo avanti nel nostro percorso – spiega ancora Fassina – con l’attenzione massima possibile a coinvolgere quelle energie che Marino convoglia attorno a sé, poi lui sceglierà come stare dentro questo percorso».