Si concede a tutte le interviste, televisioni, stampa, siti internet, che lo gratificano di una caccia come una vera star. Ma a tutti risponde la stessa cosa, almeno sul domandone «ma lei si candiderà?». La risposta fissa è: «Non sono qui per parlare di questo». La conversazione che segue è stata condotta con altri due colleghi, una collega di una testata cartacea e un collega di un sito.

Professore Marino, nel finale del suo libro, «Un marziano a Roma», lei sostiene che nella Capitale molte cose andranno male fino a che «non saranno i romani a ribellarsi». Lei si metterà a capo di questa ribellione?

Se c’è qualcosa di negativo in questa bellissima città è che talvolta chi vive a Roma non ne capisce fino in fondo l’importanza. E invece tutto il mondo è interessato alla nostra Capitale. È una città straordinaria ma in questo momento ha una criticità: l’indifferenza di molti cittadini rispetto al potere politico, un’indifferenza che arriva alla rassegnazione. Ed è una cosa che deve essere superata, perché con l’indifferenza e la rassegnazione non si arriva da nessuna parte.

Insistiamo. Lei crede di essere l’uomo giusto per far ribellare i romani?

Credo di aver dato il mio contributo, e molti romani lo hanno capito. Ma non credo che sia solo questione di classe politica, è anche questione di classe dirigente, della borghesia di questa città che, quando c’era il sindaco Gianni Alemanno, si è accomodata a quei tavoli. Tavoli in cui c’era gente di destra e sinistra. Per averne dei vantaggi.

È tentato dalla presentazione di una lista civica, o di una lista arancione?

Oggi non mi pongo il problema.

I termini per la presentazione delle candidature scadranno molto presto. Cosa aspetta?

Intanto questo mio libro non è scritto solo per i romani. Anzi, il lavoro del mio editore è stato quello di scartare, dalla grande mole di appunti, quello che poteva non intereessare tutti. Ora spero che questo libro sia letto in tutta Italia, anche per un cittadino di Caltanissetta o di Trento è interessante capire quanti soldi escono ogni giorno dalle proprie tasche per sanare il debito di Roma. E se Roma amministrasse meglio le proprie risorse avrebbe più soldi di una città come di Torino.

Nel suo libro scrive a lungo del debito di Roma, che lei ha trovato alla sua elezione. Si è fatto un’idea delle responsabilità, di chi ha iniziato ad accumulare questo debito?

Questa storia viene da lontano. Nel mio libro io ho messo anche una nota bibliografica con i consigli di lettura, grazie ai quali ricostruire la storia amministrativa della città a partire dall’intreccio degli interessi dei partiti e della società civile, che hanno fatto scelte spesso determinate da tornaconti. Faccio un esempio: a Roma, dopo l’ingresso degli alleati i partiti non seppero scegliere il sindaco. Pamphili (Filippo Andrea VI Doria-Pamphili-Landi, ndr), che fu il primo, durante la Liberazione, lo scelsero gli alleati. E già lui pensò che Roma dovesse avere poteri speciali come Capitale, ma i partiti si divisero. Questi poteri in fondo li stiamo aspettando ancora.

Il governo Renzi non è di centrosinistra, ha detto. Invece il politico Matteo Renzi?

È del Pd, ma definirlo di sinistra è dura. d.p.