«Prossima tappa il Campidoglio», dice Ignazio Marino al termine della sua prima conferenza stampa come candidato Pd alla poltrona di sindaco di Roma. Il chirurgo, prossimo ex senatore («ho telefonato al presidente Grasso per annunciargli le mie dimissioni», ha spiegato), ha staccato tutti gli altri concorrenti alle primarie vincendo con un secco 51% contro il 28% conquistato da David Sassoli e il 14% di Paolo Gentiloni.

Vittoria netta, anche se la partecipazione dei romani – 100.078 votanti contro i 171.000 del 25 novembre scorso, quando si doveva scegliere il premier – segnala quantomeno un po’ di stanchezza nell’elettorato democratico della capitale. Marino sfoggia ottimismo, ma quella che ha appena imboccato è una strada tutta in salita e piena di insidie. Le prime si sono già viste ieri quando da più parti, Pd compreso, si è cercato di farlo apparire come il candidato della sinistra radicale.

Il primo a farlo, ovviamente, è stato Alfio Marchini, l’imprenditore in corsa anche lui per il Campidoglio, che ha definito quella di Marino la vittoria di «una proposta politica fortemente radicale e a sinistra». Più sottili i messaggi inviati al chirurgo da Sassoli e Gentiloni. Appoggiato da dalemiani e da una fetta di costruttori romani il primo, renziano il secondo, aldilà delle scontate promesse di collaborazione entrambi non hanno usato giri di parole per invitare Marino a spostare il proprio baricentro politico: «Ora è il momento delle decisioni: se creare un asse solo con Ingroia o allargare il campo, come chiesto da un elettore su due», ha detto ad esempio Sassoli. «Io sosterrò Marino – ha avvertito invece Gentiloni – ma bisogna aprire a forme civiche e a forze di centro oltre i confini della coalizione».

Il rischio è che indirizzino altrove, magari proprio verso Marchini, i propri voti. Chi, a quanto pare non andrà con Marchini, è invece l’ex assessore Pd Claudio Mancini, indicato da alcune voci come prossimo coordinatore della campagna elettorale del costruttore. Ipotesi però esclusa ieri categoricamente dallo stesso Mancini. Sta dunque per aprirsi l’ennesima corsa al centro? Se è così si capirà nei prossimi giorni, quando Marino incontrerò sia Gentiloni che Sassoli con i quali deciderà eventuali accordi politici.

Ma a giudicare dalle cose dette finora da Marino, l’ipotesi per ora sembra scartata. «Io mi sento una persona libera con un programma basato sulle idee e non sulle ideologie», è la risposta data ieri alle polemiche. E le proposte avanzate fino a oggi sembrano confermare le intenzioni: salvaguardia dell’agro romano da nuove speculazioni, il parco dei Fori, miglioramento del trasporto pubblico basato sui tram e non più su un’impossibile metropolitana, attenzione alle periferie (a proposito in una delle più difficili, come Laurentino 38, ha fatto il pieno di voti). E poi la necessità di ricreare un welfare cittadino fatto a pezzi negli ultimi anni.

Ieri, nella conferenza stampa, Marino ha parlato anche di sicurezza, cavallo di battaglia di Alemanno fino a quando non è stato eletto sindaco. «Con lui ci siamo abituati all’idea che ci si spari per strada», ha detto Marino promettendo, in caso di vittoria, di potenziare l’illuminazione nelle strade e di aumentare la videosorveglianza. E sulla futura giunta promette che al 50% sarà composta da donne. «Se si tiene attaccato ai problemi della città, come ha fatto finora, allora Marino può vincere. Se invece cede alle tattiche di schieramento, sarà tutto più difficile», dice Luigi Nieri (Sel) che ha rinunciato alla propria candidatura proprio in favore del chirurgo. Intanto Marino deve fare i conti anche con i grillini.

Se a maggio il chirurgo riuscirà a non farli arrivare al ballottaggio per lui le cose saranno decisamente in discesa. Altrimenti… Nel frattempo dal M5S arrivano segni di nervosismo con Marcello De Vito, candidato del movimento per il Campidoglio, che non perde occasione per attaccare il chirurgo. Compresa l’accusa di aver pagato 10 euro il voto dei nomadi. «Gli appartenenti a quella comunità presenti i città, compresi i neonati, sono 7.000 – ha risposto Marino – se fossero andati a votare tutti, ne rimarrebbero 93.000. Non credo di possa parlare di primarie dei rom».