Dopo le veglie funebri, i concerti, le piazze piene di incredulità e rabbia che hanno visto ricompattarsi sinistra e movimenti di base in tutto il Paese, dopo lo sdegno anche istituzionale seguito all’omicidio di Marielle Franco e del suo autista, ieri ha parlato l’assistente personale della consigliera municipale della sinistra radicale carioca, eletta nel 2016 nelle liste del Partito socialismo e libertà (Psol) e celebre per le sue lotte contro le disuguaglianze economiche, di genere, di razza, oltre che contro la violenza della polizia, che resta quasi sempre impunita se a subirla sono gli abitanti delle favelas.

La donna, scampata per un soffio alla pioggia di piombo che ha investito l’automobile, ha prima postato un messaggio rivolto a Marielle: «Sono viva – scrive -, ma la mia anima è vuota. La carne che ancora trema non sopporta il dolore che serpeggia dentro, in un loop senza fine… Amica mia, volevano spegnere la tua voce ma in realtà l’hanno amplificata in modo assordante, e ora vive in migliaia di bocche. Per sempre. #MarielleVive».

Messa sotto scorta, anche il suo nome è protetto dal massimo riserbo. Agli inquirenti ha raccontato di non essere riuscita a vedere il volto dei sicari. E che Marielle a quanto le risulta non aveva mai ricevuto minacce. Tutta da verificare la notizia, diffusa dalla polizia di Rio, secondo cui le pallottole usate nel brutale agguato di mercoledì notte provengono da una partita acquistata dalla polizia federale di Brasilia nel 2006.

Sembra un dettaglio eclatante e forse lo è. Ma la vera pistola fumante resta quella della responsabilità politica di quanto avvenuto, e ricade tutta sul presidente Temer.

La decisione del suo governo di dispiegare la polizia militare nelle zone calde della città e di dare all’esercito la regia delle operazioni aveva fatto infuriare Marielle Franco, che sulle distruttive dinamiche sociali innescate da un uso malato della forza sapeva tutto. «Non è la soluzione», ripeteva.

E mentre continuano ad uscire dati che dimostrano come si muoia di più ora che durante lo stesso periodo nel 2017, ieri il bilancio ha subito un nuovo, brutale aggiornamento: un neonato e due passanti sono rimasti uccisi da pallottole vaganti nella favela di Nova Brasilia, periferia nord di Rio, non lontano dal Complexo da Maré in cui Marielle è nata e cresciuta. Nello scontro a fuoco in cui risulta coinvolta la polizia militare è stato ucciso anche un «sospetto».