Nei giorni gelidi che precedono il Natale, la mamma cosparge i figli con il grasso da mungitura e dà loro sacchetti da freezer da indossare sopra i calzini. Matthies, il più grande, esce sui pattini per consegnare biglietti di auguri ad amici e conoscenti appartenenti alla stessa congregazione calvinista della famiglia. Poi parteciperà a una gara di pattinaggio di 30 chilometri sul lago ghiacciato. La sorella che narra la storia, detta Jas perché non si toglie mai di dosso il giaccone rosso (jas in olandese), vorrebbe andare con lui, ma il fratello le spiega che ancora non può: «perché andiamo dall’altra parte del lago». A fine dicembre in Olanda cala presto il buio e Matthies non torna. Sarà il veterinario di fiducia a spiegare com’è andata. Il ragazzo pattinava veloce, quando il ghiaccio in un punto aveva ceduto e lui, rimasto solo, non era riuscito a risalire.

Ha inizio così Il disagio della sera (traduzione Stefano Musilli, Nutrimenti, pp. 256, € 18,00) romanzo con cui ha debuttato l’anno scorso Marieke Lucas Rijneveld, un nome femminile e uno maschile, già nota come poeta, con un lavoro part-time in una fattoria di mucche da latte. Il ritratto del suo bel volto assorto campeggia, curiosamente, in copertina, sullo sfondo l’incipit manoscritto di quella che si presenta a tratti come una scrittura diaristica, autoanalitica, speculativa. Singolare, intensa, immaginifica, fuori da qualsiasi coro è la voce di Jas che racconta il dopo: i due giorni di vuoto prima di un Natale irreale, la bara in soggiorno con una finestrella aperta di tanto in tanto dalle sorelle, il funerale, poi il precipizio.

La vita postuma non prevede che si possa parlare di Matthies, dare un posto al dolore, esprimere la paura che a morire siano anche i genitori, dare e ricevere conforto. Jas combatte contro il silenzio, asserragliato dietro l’unica parola in cui crede, quella della Bibbia, mentre la madre cede via via, il fratello Obbe devastato dal lutto vira nel sadismo, e la piccola Hanna resta l’unica alleata. Jas vuole invece ricordare tutto, provare a capire tutto, anche la morte. Ma il suo animo si scolora ogni giorno di più.

Rijneveld affronta la rielaborazione narrativa di un lutto patito nell’infanzia, la perdita di un fratello, all’interno di una famiglia di rigorosa osservanza calvinista nel Brabante settentrionale, una delle ferventi comunità protestanti ancora vive nei Paesi Bassi, pur maggioritariamente post-cristiani, da cui si è emancipato negli anni Sessanta lo scrittore Jan Wolkers, citato da Rijneveld in apertura: Sta scritto «Ecco, io faccio nuove tutte le cose!» / Ma gli accordi sono fili ai quali è steso il dolore, / Folate taglienti frammentano la fede / Di chi vuole sottrarsi al crudele principio». È il mondo, solitamente poco noto al lettore italiano, rievocato anche nel romanzo Nel giardino del padre di Jan Siebelink (Marsilio).

Il disagio della sera ci introduce allo sguardo lucido e disarmante di una preadolescente cresciuta in fretta, acuta nella sua intelligenza nonostante l’esperienza di vita limitata alla fattoria e alla piccola comunità in cui vive, disperatamente alla ricerca di senso dove senso non c’è. Nessuno potrà accompagnarla dall’altra parte del lago, oltre l’ultimo ponte.