Il contorno del corpo nudo di un’anziana donna, gli occhi spalancati e lo sguardo atterrito, una pistola puntata alla tempia, un’altra verso di noi che la guardiamo: Tu o io. Questa tela del 2005 è tra le più emblematiche del lavoro di Maria Lassnig, dipinta quando l’artista era già ultraottantenne, a testimonianza di un lavoro che non ha mai cessato di esplorare le «sensazioni interne al corpo» attraverso la pittura.

Maria Lassnig si è spenta la settimana scorsa, a 94 anni, nella sua nativa Austria, proprio mentre il MomaPs1 di New York la celebra con una retrospettiva (visitabile fino al 25 maggio). Leone d’oro alla carriera all’ultima Biennale di Venezia insieme a Marisa Merz, Maria Lassnig è tra le figure più importanti della pittura contemporanea, la cui attività attraversa un arco di tempo di circa sette decadi. L’immagine del corpo femminile nelle diverse età della vita, l’autorappresentazione, l’ambivalenza tra il vedersi e l’essere viste sono i temi ricorrenti di questa straordinaria pittrice che ha pensato il corpo nelle sue iscrizioni socio-politiche e di genere.

Formatasi all’Accademia di arti applicate di Vienna durante la seconda guerra mondiale, Maria Lassnig si lascia presto alle spalle il realismo pittorico allora dominante in Austria e, grazie ad una borsa di studio, si trasferisce a Parigi nel 1951, dove frequenta André Breton, Paul Celan e Benjamin Peret avvicinandosi alle tendenze pittoriche del momento – tra tachisme, informel e surrealismo. Continuerà a transitare tra Vienna e Parigi fino al 1968, quando sceglie di stabilirsi a New York, «paese delle donne che hanno forza», dove rimarrà fino al 1980 e dove si apre al cinema d’animazione, continuando instancabilmente a dipingere.

È in questi anni che emerge tutta la dimensione dirompente della pittura di Maria Lassnig, che ha saputo reinventare una forma espressiva così impregnata da una tradizione millenaria a partire da un posizionamento come donna e pittrice. Il 1980, anno del suo rientro in Austria, è anche quello del riconoscimento, seppur tardivo, del suo lavoro: viene chiamata – a 61 anni – ad occupare la cattedra di pittura dell’Accademia di Arti Applicate di Vienna. È la prima volta che un’accademia di lingua tedesca affida l’insegnamento della pittura ad una donna. Nello stesso anno, Maria Lassnig rappresenta l’Austria alla Biennale di Venezia insieme a Valie Export, un accostamento che evidenzia il significato femminista della sua esplorazione del corpo e dell’identità femminile.

Lassnig considerava se stessa come il tema centrale del suo lavoro. La sua pittura è focalizzata sull’osservazione della presenza fisica del corpo attraverso la nozione di «consapevolezza corporea della pittura» (Körperbewusstseinsmalerei). Il suo stile diretto, non privo di ironia e di una certa teatralità, si esprime attraverso colori a contrasto che accentuano i contorni.

In una recente intervista, Lassnig spiegava come il suo modo di lavorare fosse fondato sull’esigenza di evacuare l’atto pittorico da ogni intenzionalità, in modo da mantenere il contatto con la propria esperienza corporea: «L’unica intenzione è quella di sentire il modo in cui mi pongo di fronte alle tela in quel preciso momento. E poi vado nei dettagli. E ovviamente devo dargli forma – perché le emozioni non hanno forma; è una disseminazione». Una pittura che lei stessa definisce «drastica», come qualcosa che arriva all’improvviso: l’incontro imprevisto tra un’immagine e un’emozione.

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