Alla vigilia della ennesima promessa di riapertura dei teatri, Maria Grazia Gregori si è spenta ieri a Milano. Aveva 78 anni. Non è stata solo una «critica», ma anche una «amica» di tutti i teatranti. Sempre curiosa e agguerrita, delle scene del nostro paese come anche degli artisti che in Europa e nel mondo hanno mandato segnali di interesse e di cultura scenica. È stata per molti anni critica teatrale de L’Unità, a lungo in tandem con Aggeo Savioli. Dalla chiusura del quotidiano non mancava di esprimere la sua passione di spettatrice sul sito Del teatro. Rigorosa ma assai aperta al nuovo, ha portato la visione culturale del quotidiano del Pci oltre il sipario di ogni tradizione e sicurezza.

LA SUA CURIOSITÀ di ascolto e visione andava oltre ogni possibile tabù o imbarazzo, così come le permetteva di avere rapporti di conoscenza profonda con gli artisti italiani (consacrati o appena debuttanti) allo stesso modo che con i grandi nomi della scena internazionale, da Judith Malina a Patrice Chereau a Klaus Grüber a Peter Brook.
I registi, e il teatro di regia, sono stati un suo preciso punto d’interesse, tanto che ancora oggi resta fondamentale un suo libro uscito da Feltrinelli del 1979, dedicato ai maggiori esponenti: titolo programmatico Il signore della scena. E importante resta la sua esperienza pedagogica, docente e formatrice di larghe schiere di nuovi talenti teatrali alla Civica scuola Paolo Grassi e negli ultimi anni alla scuola del Piccolo milanese. Conosciutissima, col suo inconfondibile caschetto stile Vergottini, e conoscitrice in profondità dell’ambiente, era chiamata in molte giurie di premi per giovani emergenti come per personalità riconosciute, dal Riccione al Reiter al Duse. Aveva una scrittura facile, ma mai gratuita: i suoi giudizi erano sempre motivati in profondità.

È STATA GRANDE AMICA e collaboratrice di Franco Quadri per tante pubblicazioni Ubulibri. Ha scritto moltissimo su personalità come Ronconi e Strehler (e resta oggi la massima esperta sulle loro direzioni al Piccolo) e da ultimo un volume su Maurizio Scaparro. Assieme al marito Italo (scomparso pochi anni fa), erano indefessi nelle curiosità da esplorare, sulla scena come a tavola o nei costumi mutanti del paesaggio nazionale. Una sorta di «istituzione» del teatro italiano per la loro presenza che di ogni fenomeno, anche minimo, attestava l’importanza.