Maria Cecilia Guerra, sottosegretaria all’Economia, si parla di un «modello tedesco» per la riforma fiscale. Di cosa si tratta?
Si tratta dell’aliquota media continua. È una proposta che è stata avanzata tempo fa da Vincenzo Visco sulla quale sono d’accordo. La principale caratteristica di questo sistema è la flessibilità che permette di calibrare il carico fiscale per garantire una progressività dolce e senza salti. Ciò permetterebbe di intervenire su problemi come la gobba che si è creata tra i redditi da ceto medio tra i 25 e i 50 mila euro senza provocare conseguenze sulla scala dei redditi inferiori e superiori.

La proposta è stata critica nella maggioranza da Luigi Marattin di Italia Viva. Cosa risponde?
Non voglio fare personalizzazioni, ci sarà un tavolo di maggioranza dove discuteremo le proposte. Mi limito ad osservare che chi sostiene la riforma del sistema fiscale a due o tre aliquote sottovaluta che questo schema, a parità di gettito, continua a scaricare l’onere sulle classi medie. Noi vogliamo invece fare una riforma che riduca l’anomalia del sistema fiscale che penalizza queste persone, mantenendo le esenzioni per la fasce di reddito più basse. Ma quello delle aliquote è solo uno dei problemi, e nemmeno quello più importante…

Quali sono?
Abbiamo una base imponibile bucata, l’Irpef è un colabrodo. A parità di reddito troviamo qualcuno che paga un’imposta e un altro che ne paga un’altra senza una giustificazione solida. Queste iniquità del sistema vanno assolutamente raddrizzate. La riforma fiscale dovrà essere capace di auto-finanziarsi e allargare la base imponibile riassorbendo una serie di regimi speciali e risparmiando sulle agevolazioni fiscali.

In che modo interverrete su queste agevolazioni, le cosiddette «tax expenditures»?
Sono poco trasparenti, lasciano fuori un quarto dei contribuenti incapienti, sono concentrate sui redditi più alti, e non sono mai valutate rispetto alle finalità per cui sono state disegnate. La mia proposta è di non intervenire in modo selettivo, né con un taglio lineare. Penso invece che si possa stabilire un tetto di fruizione differenziato, in base al reddito imponibile e in percentuale. In questo modo il contribuente potrebbe avere diritto a una detrazione fino al raggiungimento del tetto massimo. Questa proposta è flessibile e può variare in base all’economia complessiva della riforma che faremo.

Sarà ripensato il bonus da 80 euro introdotto da Renzi che avete potenziato?
Nel mettere a punto la riforma sulle aliquote e sulla produttività le detrazioni e i bonus saranno riassorbiti nel disegno complessivo confermando l’entità dell’intervento. Abbiamo la volontà di mandare a regime l’intervento sul cuneo fiscale. Ma sugli importi finanziari non è stato deciso ancora nulla.

Come procederete sull’assegno unico per i figli?
Agiremo con una legge delega, approvata per ora solo dalla Camera. L’idea è unificare l’insieme degli interventi esistenti per le famiglie con figli, le detrazioni per gli incapienti e in funzione della condizione economica. A mio parere questo dovrebbe avvenire rispetto all’Isee, abbiamo bisogno di un indicatore adeguato per misurare la condizione economica della famiglia. Stanzieremo risorse significative, ma vanno finanziati anche i servizi. La carenza più grande che abbiamo è sul sostegno alla conciliazione dei tempi di cura con quelli del lavoro delle madri e dei padri. È un problema enorme perché non c’è il tempo pieno alle scuole elementari, non ci sono gli asili nido, non ci sono servizi per il doposcuola, né è considerata la relazione tra queste esigenze e la flessibilità richiesta sul mercato del lavoro.

Continuano gli attacchi al cosiddetto «reddito di cittadinanza» per abolirlo invece di estenderlo. Molti si scandalizzano perché una piccola minoranza di evasori lo ha percepito ed è stata scoperta. Cosa ne pensa?
Vorrei dire a chi si indigna che questo avviene sempre, in grandezze più significative, per tutte le prestazioni sociali. Il vero problema è l’evasione fiscale. Non fa male solo al fisco, ma a tutta la spesa sociale e non permette ai governi di calibrare gli interventi rispetto agli individui e alle famiglie. Tutto quello che viene recuperato dall’evasione, e noi lo stiamo facendo con misure come la fatturazione elettronica, serve per alleggerire il prelievo su chi oggi grava l’onere maggiore, a cominciare dai lavoratori dipendenti e dai pensionati.

Cosa risponde alla proposta del presidente di Confindustria Bonomi: i dipendenti versino da soli l’Irpef come gli autonomi?
Non andrei in questa direzione, ma ridurrei gli adempimenti spontanei affinché si paghino le imposte, e non le si evada. Questo può accadere tanto più si rende il sistema più equo e comprensibile.

Il segretario della Cgil Maurizio Landini propone la detassazione degli aumenti nei contratti nazionali di lavoro. Cosa ne pensa?
Sono d’accordo con Landini sul rafforzamento della contrattazione, va fatta una legge sulla rappresentanza che impedisca i contratti pirata. E va chiesto il rispetto delle scadenze. Non si possono aspettare 14 anni per rinnovare il contratto della sanità privata. Questa è una debolezza del mercato primario, non della fiscalità che deve redistribuire e finanziare il bene pubblico. Credo che sia preferibile non usare questo strumento per intervenire sulle debolezze del mercato del lavoro. Ad esempio, per affrontare il problema dell’ingresso e della permanenza delle donne sul lavoro la decontribuzione è sbagliata perché legittima il proliferare dei lavori di bassa qualità, pagati poco, sostenuti dagli sconti fiscali. Questo problema è il prodotto delle disparità di genere nelle famiglie, da un sistema che cancella i servizi sociali e impone gli stereotipi nella vita delle donne.