Ho conosciuto Margherita Hack nel 1978, allora lei era la direttrice dell’osservatorio di Trieste, la prima donna con un incarico così prestigioso. Io non era ancora laureato e dovevo fare la mia prima comunicazione scientifica in un congresso di cui lei era la presidente, lei che per me era già un mito. E Margherita di fronte a uno studente che presentava l’argomento di quella che sarebbe stata la sua tesi di laurea non ebbe nessun atteggiamento da cattedratica. Anzi, si accorse del mio imbarazzo e cercò di darmi coraggio. Il mio primo ricordo è questo.

L’ho rivista praticamente trent’anni dopo, al ritorno in Italia dagli Stati Uniti, che per me era anche un ritorno dallo spazio. Ci siamo incontrati in varie occasioni pubbliche, presentazioni di libri, è capitato di parlare assieme nelle scuole. Ci chiedevano di mettere insieme le nostre due visioni dello spazio, la sua, quella da terra, degli astrofisici che parlano dell’universo e la mia che nello spazio c’ero stato anche se uno spazio vicino alla Terra. Margherita Hack era affascinata dalle missioni, credo che se fosse stata più giovane avrebbe voluto farle. Negli ultimi anni ci siamo trovati dalla stessa parte come firmatari di appelli contro i tagli alla ricerca e all’Università, c’era un solo motivo di attrito tra noi, il nucleare: lei era favorevole e io ero e resto contrario.

Il filo conduttore della sua vita è stata la difesa della libertà di pensiero. Lei era un’atea convinta anzi forse dovrei dire che era un’attivista dell’ateismo, faceva proseliti. Era molto attenta alle questioni della laicità dello stato, sia nella sfera scientifica e culturale che nella sfera dei diritti individuali e collettivi. Credo che sia importante che negli ultimi anni abbia parlato tanto ai giovani, di scienza ma anche della sua visione del mondo. Una visione, nonostante avesse più di novant’anni, modernissima.

*astronauta, responsabile nazionale di Sel per Università e ricerca, scuola e politiche giovanili