Sembra proprio destinata a finire tra le polemiche la missione Mare nostrum. Sia al Viminale che negli uffici di Frontex, l’agenzia europea dalla quale dipende la nuova missione Triton, ci sarebbe infatti contrarietà nel constatare come le navi della Marina militare continuino a salvare migranti nel canale di Sicilia estendendo il proprio raggio di azione nelle acque internazionali invece di assestarsi, come per l’appunto fa Triton e come vorrebbe il ministro degli Interni Alfano, sul limite delle 30 miglia.

Un malumore sotterraneo, fatto filtrare attraverso notizie stampa che seppure non confermate ufficialmente da nessuno dei protagonisti in questione, sembrano ribadire la contrarietà dichiarata solo qualche settimana fa dal direttore di Frontex Klaus Rosler per le troppe richieste di salvataggio «fuori area» provenienti dal centro di controllo di Roma. Polemiche destinate per il momento a rimanere tali, tanto più adesso che la tragedia del traghetto Norman Atlantic, naufragato domenica nelle acque greche, ha evidenziato una volta in più come la Marina militare risulti indispensabile quando si tratta di salvare vite in mare. E che siano italiani, somali o eritrei poco importa. «Facciamo questo lavoro dagli anni ’50, se al Viminale se ne accorgono solo adesso è un problema loro», è il commento di un ufficiale alle voci provenienti da Bruxelles, ma anche dal più vicino ministero degli Interni.

Triton è cominciata il primo novembre scorso, pochi giorni dopo che il governo Renzi aveva dichiarato ufficialmente la fine di Mare nostrum dopo un anno di attività nel Mediterraneo meridionale. Con una proroga di due mesi per quello che si potrebbe definire un passaggio di consegne ai colleghi europei. Il che fa di domani, 31 dicembre, il giorno in cui per il nostro governo lo stop di Mare nostrum dovrebbe diventare definitivo.

Il bilancio della missione è di quelli di cui si deve andare fieri: avviata dal governo Letta dopo la strage di Lampedusa, fino a oggi i mezzi della Marina hanno salvato più di 169 mila profughi, consentito l’arresto di oltre 366 scafisti e il sequestro di 9 navi madre alle organizzazioni criminali che allestiscono il traffico di esseri umani. Complessivamente, stando a quanto riferito il 9 dicembre scorso alla commissione Diritti umani del Senato dal capo di Stato maggiore della Marina, l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, il 99% dei migranti sono stati intercettatati prima del loro arrivo in Italia. Il che ha permesso di effettuare screening sanitari su decine di migliaia di uomini, donne e bambini quasi sempre in condizioni fisiche critiche, ma anche di effettuare controlli di polizia prima del loro sbarco. Un’opera di prevenzione, sia sanitaria che di sicurezza, che adesso verrà meno.

Quella di mettere fine alla missione italiana è una scelta tutta politica che palazzo Chigi, ma più ancora il Viminale, ha sempre motivato con la necessità che l’Europa si faccia carico dei profughi in arrivo sulle nostre coste. Richiesta legittima, tanto più che la stragrande maggioranza non ci pensa nemmeno a restare in Italia ma vorrebbe raggiungere il nord Europa, per la quale però è necessario che Bruxelles metta mano al regolamento di Dublino III che obbliga i profughi a rimanere nel Paese in cui arrivano, e quest’ultimo a farsene carico. Un punto che l’Ue non ha mai detto di voler accettare, tanto che dopo aver insistito per mesi Alfano ha capito che non era il caso di continuare e chiesto a Bruxelles di intervenire direttamente con una propria missione. Così è nata Triton che però, contrariamente a quanto affermato da Alfano, e come ribadito invece più volte dall’ex commissaria agli Affari interni Cecilia Malmstrom, non è stata pensata da Bruxelles per sostituire Mare nostrum.

In realtà Triton rischia di tradire l’ipocrisia di Bruxelles, ma anche di Roma, nell’affrontare i flussi migratori. La missione è infatti perlopiù impegnata nel sorvegliare il confine delle 30 miglia. Il che non significa che in caso di necessità non intervenga (a novembre sono state più di 2.000 le persone messe in salvo) ma che il suo compito è soprattutto quello di dissuadere i migranti dal prendere il mare. Obiettivo per altro fallito visto i continui arrivi di carrette stracariche e come ampiamente dimostrato dall’ammiraglio De Giorgi quando, sempre alla commissione Diritto umani, ha ricordato come gli arrivi registrati nel mese di novembre siano stati il 485% in più rispetto allo stesso mese del 2013. Uomini e donne che continueranno a partire anche nei prossimi mesi nonostante il maltempo, perché chi fugge dalla guerra non si ferma certo di fronte al mare mosso, ma che salvo ripensamenti da parte del governo Renzi, non troveranno più a soccorrerli Mare nostrum. E allora, se malauguratamente dovesse verificarsi una nuova tragedia, di chi sarà la responsabilità?