Marco Vallora, l’eretica scrittura di un critico d’arte
Marco Vallora
Cultura

Marco Vallora, l’eretica scrittura di un critico d’arte

Addii Per un malore improvviso, è scomparso la sera del 25 ottobre all’età di sessantanove anni lo studioso erudito che credeva nelle connessioni delle varie discipline della cultura. Nel 2018, la sua ultima grande mostra, alla Fondazione Ferrero di Alba, sulle inquietudini Dada e Surrealiste
Pubblicato quasi 2 anni fa

Il profilo acuto e garbato di Marco Vallora, scomparso improvvisamente la sera del 25 ottobre all’età di sessantanove anni (era nato a Torino nel 1953), sfugge a qualsiasi etichetta: critico d’arte, di letteratura e di cinema; collaboratore di quotidiani (per lungo tempo a La Stampa, ma non solo); curatore di mostre; autore di una montagna di saggi e presentazioni dalla scrittura magmatica e torrenziale, come un unico flusso di coscienza capace di connessioni sorprendenti.

La sua formazione, dopo essersi laureato con Gianni Vattimo a Torino, aveva le radici ben piantante nell’Estetica, materia che aveva insegnato in varie università italiane, in ultimo ad Architettura al Politecnico di Milano. Il dialogo fra le arti e le possibili connessioni che potevano tenere insieme la letteratura e le arti visive, o la musica o il cinema, lo avevano portato a comporre pagine traboccanti e complesse, frutto di una erudizione gentile – nutrita di incallita bibliomania – capace senza ostentazione di sottile e pungente ironia, che talvolta non gli è stata perdonata. Ma era proprio questa irrequietezza intellettuale, irriducibile ad unità, che gli aveva permesso di abbracciare una larga estensione di argomenti, di tenere insieme le cose più diverse: l’informale di Ruggeri e Morlotti e le atmosfere diradate di Guccione e Ferroni, o le inquietudini Dada-Surrealiste, a cui nel 2018 aveva dedicato la sua ultima grande mostra, alla Fondazione Ferrero di Alba, facendo del catalogo il monumento a una tesa e traboccante lettura culturale. Errante ed eretico, irriverente e impermeabile alle mode culturali,

Vallora si muoveva su una tastiera complessa, fatta di incontri intensi e vaste letture, lasciando che i piani temporali scorressero l’uno sull’altro per seguire il filo di un ragionamento che procedeva per grandi intuizioni e improvvise illuminazioni. Per questo è stato fra gli ultimi esempi di una stirpe di scrittori d’arte, capaci di leggere il mondo con gli occhi della letteratura e di compiere un’estesa, solo  pparentemente disordinata, esplorazione del profondo.

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