Caro manifesto,

intervengo per precisare ai lettori del quotidiano che ogni giorno, da tanti anni, acquisto in edicola la verità su quanto si sta vivendo a Genova, in particolare in merito all’azienda del trasporto pubblico (Amt). Mi spiace vedere che, mentre il contenuto degli articoli in pagina 4 informa correttamente sui fatti (pur essendo riportate legittimamente alcune valutazioni e non altre che avrebbero potuto rappresentare con maggiore completezza la realtà) il titolo in prima pagina («Rivolta contro la vendita dei trasporti») è purtroppo totalmente falso.
La scelta mia e dell’amministrazione è quella di non vendere l’azienda, che resta dunque del comune; ciò è stato detto con chiarezza e viene riportato negli articoli. Essere precisi al riguardo da parte degli organi di informazione è importante e può contribuire a riportare confronti difficili sul piano corretto.
Parlo di confronto difficile perché la scelta di mantenere in capo al comune la proprietà dell’azienda impone all’amministrazione pubblica precise responsabilità. Innanzi tutto quella di non farla fallire, per poter garantire un servizio essenziale ai cittadini e per tutelare i posti di lavoro. Per mantenere gli attuali livelli occupazionali (nella prospettiva di adeguare l’organico a standard più sostenibili con la necessaria gradualità e in modo non traumatico) è necessario un ingente sforzo economico da parte del soggetto pubblico, che non intende tirarsi indietro, né lo ha fatto in passato. Buona parte del debito che grava sul bilancio comunale è dovuto a mutui accesi in passato per ripianare le passate perdite di esercizio di Amt (a questo fine il comune ha speso in parte corrente 36 milioni di euro nel 2013 e altrettanti nel 2012). Negli stessi due anni ha versato ad Amt, a integrazione del contributo regionale e come corrispettivo del servizio offerto, 29 milioni di euro nel 2012 e 31 milioni nel 2013. In anni passati il comune ha tra l’altro ceduto le dighe degli invasi dell’acquedotto pubblico per sostenere i costi di Amt. Nel 2012 il bilancio dell’azienda si è chiuso con un deficit di circa 10 milioni di euro; nel 2013 dovremmo raggiungere, lo spero, una condizione di sostanziale equilibrio, grazie a un accordo sindacale che ha comportato la rinuncia a benefici derivanti da accordi precedenti e grazie, è giusto ripeterlo, allo sforzo finanziario del comune.
Oggi spetta a noi, azionista pubblico, azienda e rappresentanze dei lavoratori, il compito di tenere in equilibrio i conti anche nel 2014 per evitare il rischio di fallimento. Non credo che sia possibile sostenere che tale rischio possa essere evitato solo chiamando il comune a “ricapitalizzare” l’azienda; lo impediscono norme precise che vietano tali azioni se finalizzate nei fatti a coprire dei buchi; lo impediscono le condizioni del bilancio del comune (le cui entrate 2014 sono totalmente incerte, come ben sanno tutti gli amministratori locali). Per questo l’amministrazione si è dichiarata sempre disponibile a un confronto senza pregiudiziali, pronta a fare quanto nelle sue possibilità. Una disponibilità reale, da cogliere.
In ultimo, non trovo giustificabile uno sciopero selvaggio che in violazione della legge arreca disagi a tutti i cittadini, con il cui contributo questo sistema regge. Così come trovo inaccettabile quello che è accaduto con l’invasione della sala del consiglio comunale e la sospensione con la forza dei lavori di un’assemblea democratica.
L’obiettivo del comune è quello di tutelare un servizio pubblico, di difendere un’azienda pubblica, di salvaguardare posti di lavoro. Tutto ciò non è oggi possibile (né credo sia giusto) semplicemente e soltanto dicendo ai soggetti pubblici di conferire più risorse. Le aziende pubbliche debbono recuperare più efficienza per dimostrare di non essere in questo da meno delle imprese private. Ritengo che questi siano obiettivi di una politica di sinistra (o se volete di centrosinistra). A questo ho improntato la mia azione e su questa linea cerco di essere coerente.
Un cordiale saluto.

* sindaco di Genova