Con l’attenta leggerezza che gli si confà, Marco Belpoliti incrocia temi e autori, storie e teorie all’interno di una serie di ragionamenti socio-culturali che nel suo ultimo volume, Chi sono i terroristi suicidi (Guanda, pp. 120, euro 12) si declinano attorno al nodo esplicitato nel titolo.

UNA COLLEZIONE di pezzi, alcuni scritti a caldo, che provano a indagare la dinamica terroristica dall’attentato a Charlie Hebdo fino a quello sulla Rambla di Barcellona reinterpretando inoltre – a quindici anni di distanza – l’undici settembre newyorchese: vero e proprio punto di svolta di quel conflitto che Belpoliti individua tra occidente e oriente. Nonostante la schiettezza, chi siano i terroristi Belpoliti non riesce a definirlo. L’autore lavora graffiando le apparenze di una società sgretolata e al tempo stesso impenetrabile, tuttavia seppure i dati e i riferimenti portati siano chiari e tutto sommato evidenti manca l’individuazione del martire e delle sue motivazioni. Manca il gancio a un gesto feroce che ancora sfugge e che anzi lo stesso autore sembra – come chiunque oggi in occidente – subire nonostante l’apporto di un’analisi laica e attenta.

L’assenza di uno sguardo capace di indicare la profondità di una superficie culturale ridotta non più a puro liquido ma a un vero e proprio stato gassoso ingestibile e al tempo stesso esplosivo trasforma la pur forbita analisi di Belpoliti in un tenebroso vicolo cieco privo di vie d’uscita che non siano nei pressi dell’individuazione più che della interpretazione di simboli culturali del passato, con il rischio di un capovolgimento entro cui tutto può diventare un feticcio utile al conflitto prima che ancora che alla spiegazione della sua scintilla originaria.

UN IMPIANTO ossessivo costruito abilmente con dati, citazioni e materiali culturali che però restringe una lecita ambizione pedagogica restituendo un testo a tratti soffocante.
Chi sono i terroristi suicidi sembra dunque dichiarare implicitamente, con raffinati strumenti intellettuali, una crisi che non appartiene alla dinamica terroristica, ma che in ogni caso rappresenta uno stato di confusione sociale che attraversa i motivi del terrorismo in un certo senso contenendolo.
Ricorrono nel libro sia analisi di contesto tecnologico (si pensi all’uso dei droni) o il marketing (si pensi a quello che può rappresentare un certo suo brand), ma gli strumenti messi in campo non sembrano in grado di andare oltre un’accurata descrizione dei fatti. Un loop da cui è possibile uscire attraverso una nuova sintesi che in ogni caso Belpoliti offre ai suoi lettori grazie ad un’estrema puntualità dei riferimenti e della bibliografia. Chi sono i terroristi suicidi prende così la forma di una guida fondamentale prima ancora che per capire chi sono i soggetti del titolo per comprendere chi siamo noi incastrati in una dialettica che lo stesso Belpoliti rintraccia come opprimente e antiquata.