A ben riflettere, si possono individuare alcune somiglianze di giudizio e di comportamento tra due personaggi come Marchionne e Renzi e non a caso i due signori citati hanno manifestato più di una volta sentimenti di viva stima reciproca.Anche il caso recente della Ferrari mostra significativamente alcune di queste somiglianze. Intanto Marchionne, come del resto Renzi, mostra una assoluta mancanza di stile e di modi quando ha a che fare con qualcuno che non la pensa proprio come lui.

Licenziare durante una conferenza stampa, e senza almeno averlo preventivamente informato, una persona come Montezemolo, che sta nel gruppo Fiat da decenni e che ha portato in ogni caso come dirigente della Ferrari tanti successi alla casa di Maranello, appare per lo meno molto discutibile. E questo ci sembra valere anche senza necessariamente, come chi scrive, avere per lui delle simpatie spiccate.
Ovviamente appare altrettanto discutibile, ad esempio, il modo con cui Renzi ha trattato i magistrati che avevano osato nei giorni scorsi avanzare delle critiche al suo, per altri versi demenziale, piano per la giustizia.

In ogni caso, Marchionne come Renzi sembrano non sopportare che anche chi sta intorno a loro abbia qualche brandello di pensiero e di comportamento autonomo; e di fatto si sono circondati quasi soltanto di servi. Per quanto riguarda Renzi, nel caso di Padoan forse non si tratta proprio di un lacchè, ma il fatto è che il nostro ministro dell’economia è una persona che non è stata scelta da lui, glielo hanno imposto l’Unione Europea, la Merkel, la Bce e Napolitano e si vede chiaramente come il nostro brillante presidente del consiglio ne soffra tutti i giorni. Egli avrebbe certamente preferito per la carica un boy scout.

Ricordiamo comunque che, nell’ultimo periodo, la vita di Montezemolo è stata piuttosto agitata. Intanto è tramontata da tempo, per manifesta follia, la tentazione, a lungo coltivata, di buttarsi in politica, che altri temerari, come il grande banchiere Passera, stanno invece proficuamente coltivando. Più recentemente, lui che si atteggiava a difensore del made in Italy, ha venduto agli americani la Poltrona Frau, uno dei marchi più noti del nostro stile; successivamente si è trovato a dover gestire il disastro delle società ferroviaria che aveva lanciato poco tempo fa con gran clamore; ed ora deve lasciare la Ferrari coperto di vituperi dal capo supremo.

Ma sicuramente, peraltro, non soffrirà la fame. A parte la liquidazione principesca che lo attende – essa sembra stimabile tra i 25 e i 50 milioni di euro -, egli è il candidato più plausibile a fare da presidente della nuova Alitalia, avendo a suo tempo intessuto, tra l’altro, una importante rete di relazioni nei paesi del Golfo. Un lavoro che si presenta come abbastanza tranquillo e presumibilmente ben remunerato. Una buona base per una pensione speriamo serena.

Se si ci si interroga poi sulle ragioni di fondo della sua dipartita dalla Ferrari, a parte le già citate rivalità personali con Marchionne, si può pensare a delle importanti differenze di vedute tra i due sulle strategie future per la casa di Maranello, che forse riflettono anche delle divisioni all’interno della famiglia Agnelli.

Mentre Montezemolo vedeva l’azienda come largamente autonoma dalla casa madre e perseguiva l’obiettivo di mantenere limitato il livello di produzione di vetture, presumibilmente Marchionne potrebbe voler portare avanti un’integrazione più spinta, probabilmente anche a livello societario, tra il marchio modenese, la Maserati e l’Alfa Romeo. La produzione di vetture della casa potrebbe essere aumentata e la nuova eventuale realtà societaria potrebbe essere quotata in borsa negli Stati Uniti per raccogliere almeno una parte dei capitali che servono a Marchionne per portare avanti finanziariamente il suo peraltro poco credibile piano di sviluppo per l’intero gruppo.