Il divieto imposto dalla Regione Marche alla somministrazione della pillola Ru486 agita il mondo delle associazioni femministe. La Rete 194 è sul punto di convocare una piazza per protestare contro una decisione inquietante, benché ampiamente annunciata dal presidente Francesco Acquaroli durante la vittoriosa campagna elettorale della scorsa estate, seguendo le orme della giunta leghista di Donatella Tesei in Umbria.

Nelle prossime ore si definirà di preciso quali saranno le iniziative di protesta, in un percorso che porterà allo sciopero femminista dell’8 marzo. Intanto, dal ministero della Sanità, la sottosegretaria Sandra Zampa attacca la decisione della giunta marchigiana: «Ancora una volta i diritti delle persone, in particolare delle donne, vengono calpestati in favore del preconcetto e dell’ideologia, in totale incoerenza con le indicazioni scientifiche. Sono convinta che le Marche torneranno presto sui propri passi, rispettando appieno le linee guida del Ministero».

L’aria che tira, in realtà, non sembra proprio quella della marcia indietro: l’assessore alla Sanità Filippo Saltamartini (Lega) ha già annunciato la sua intenzione di collaborare con le associazioni pro life per definire le nuove politiche regionali sulla famiglia, mentre il capogruppo di Fratelli d’Italia Carlo Ciccioli parla ormai esplicitamente di superamento della 194 in un’ottica «maggiormente favorevole alla natalità», relegando la lotta per il diritto all’aborto e per la piena applicazione della legge come un retaggio degli anni ‘60.

Attualmente, negli ospedali delle Marche, la percentuale di medici obiettori è intorno all’80%, mentre i consultori che, per ora, somministrano la Ru486 sono appena tre e si trovano a Urbino, Senigallia e San Benedetto del Tronto.