Aveva perso tutto Marcello Cimino: aveva perso sua moglie dalla quale si era separato tre anni anni fa, aveva perso le sue figlie che comunque continuava a sentire, aveva perso il lavoro, pensava di avere perso la sua dignità di uomo. Il mondo gli era crollato addosso.

Prima di farsi risucchiare dalla strada, aveva provato a lasciarsi alle spalle il fallimento del suo matrimonio, tornando in casa della madre dopo la separazione dalla moglie. Lì era cresciuto con altri sei fratelli, ma ormai si sentiva profondamente sconfitto.

Non riusciva a trovare un lavoro per potersi pagare un affitto, il mestiere di fontaniere apparteneva a un passato per lui doloroso, fatto di estrema fatica e frustrazione per quei lavoretti in nero che non bastavano a sfamare la sua famiglia. Così, come racconta la sorella Patrizia, Marcello aveva deciso di mollare. E farsi travolgere dalla strada.

L’ultima volta le sue figlie l’avevano visto due mesi fa, al funerale di una sorella del padre. I suoi fratelli avevano tentato di convincerlo ad abbandonare la strada, ma Marcello non aveva più sogni né speranza. Viveva di espedienti da un anno e mezzo. Alcuni volontari della Caritas raccontano che per qualche mese aveva scelto come dimora la stazione centrale, in un angolo sistemava le sue coperte e lì trascorreva le sue notti.

Da quando aveva lasciato casa, per guadagnare qualcosa andava il sabato e la domenica al mercato abusivo dell’Albergheria, vicino alla chiesa di San Saverio. Per fare questo trascorreva tutta la settimana a raccogliere oggetti e roba usata nei cassonetti della spazzatura per poi provare a rivenderli. S’era poi trasferito nella missione dei Cappuccini sistemando il suo giaciglio sotto il portico della mensa, dove dormiva ogni sera. «So poco della sua vita, di giorno ognuno andava per la propria strada, è sempre stato un tipo tranquillo che si faceva gli affari suoi», racconta Fabio, 30 anni, anche lui senza fissa dimora.

La rabbia di una delle due figlie di Marcello è incontenibile: «L’assassino deve fare la stessa fine di mio padre», dice mentre con l’altra sorella e la madre porta un mazzo di fiori sul luogo dai muri anneriti dove è stato ucciso il padre. Una frase che ripete anche Patrizia, svegliata dalla polizia. «Chi ha fatto un gesto del genere non è un umano e spero patisca quanto ha sofferto Marcello. Era una persona mite che non faceva del male a nessuno», racconta; mentre Jolanda, l’ex moglie, l’ascolta e aggiunge: «Era un uomo perbene. L’assassino ha tolto un padre alle nostre due figlie».

Una delle clochard che spartisce con tanti altri quei pochi metri di porticato, ricorda con tenerezza Marcello: «Mi salutava sempre, mi dava un bacino. Non da tutti quelli che vengono qui mi faccio dare un bacino, ma Marcello si vedeva che era una brava persona». E commossa aggiunge: «Non si fanno queste cose. Non è umano»