A proiettare l’agricoltura nel futuro deve pensare l’innovazione: che sia incardinata su chimica, meccanica, genetica o, più recentemente, su digitale, modelli organizzativi, co-marketing e transdisciplinarietà non fa molta differenza. L’innovazione è la chiave per produttività, competitività, sostenibilità, imprenditorialità; per essere o apparire moderni come per reinventare la tradizione; per penetrare nuovi mercati o sopravvivere nei vecchi. L’importante è che l’innovazione galoppi, viaggi a una velocità superiore all’inerzia conservativa della società e riveda continuamente i beni e servizi che genera: sostanzialmente che l’innovazione si rinnovi senza sosta.

La «società della conoscenza» battezzata dall’Ue a Lisbona nel 2000, che doveva garantire crescita e occupazione, metteva l’innovazione al servizio dello sviluppo. A loro volta, i più recenti Partenariati Europei per l’Innovazione (Pei) cercano di imprimere un’accelerazione nella costruzione, ricombinazione, contestualizzazione e condivisione di saperi tangibili. Questi Pei trovano primario ambito attuativo proprio in agricoltura destinando risorse pubbliche all’integrazione di saperi esperienziali e scientifici per moltiplicare le traiettorie innovative. Sono i cosiddetti approcci multiattoriali dei programmi di ricerca europei e dei Programmi di Sviluppo Rurale (Psr) che in Italia vengono attuati dalle Regioni.

È in questi ultimi che la galoppante innovazione viene spesso zavorrata. L’attuale programmazione dei Psr ricopre il periodo 2014-2020 e riserva uno specifico capitolo al supporto ai Gruppi Operativi che devono dispiegare l’innovazione agricola. Gli interventi concordati con l’Ue indicavano il sostegno a 626 Gruppi Operativi in tutta Italia. Al momento, ne risultano finanziati 150 in sole 6 Regioni. Altre Regioni hanno tardivamente avviato le procedure e l’esperienza che stiamo maturando offre il seguente quadro disperante: in Lazio, Calabria e Molise i progetti presentati in inverno sono tuttora in valutazione; in Sicilia il primo bando è uscito in agosto con scadenza gennaio. In Liguria la prima fase di costituzione del Gruppo Operativo si è chiusa a fine 2017, ma tra pubblicazione del bando, presentazione progetti e loro valutazione passerà un anno e mezzo con inevitabile dispersione di gruppi, idee e investimenti. Toscana, Veneto e Marche hanno invece dimostrato che bandi ed esami dei progetti possono essere contenuti nell’ordine di alcuni mesi, secondo un metronomo compatibile con il ritmo dell’innovazione.

Epperò, anche laddove i tempi attuativi testimoniano una buona reattività della macchina politico-amministrativa, il carico burocratico che grava su questi progetti divora energie e fantasie, soprattutto per le realtà meno strutturate gestionalmente, quali quelle che innervano i territori di creatività innovativa.

La retorica prevede che l’innovazione sia lanciata al galoppo e garantisca il susseguirsi realizzativo di idee e intuizioni. Peccato che a questi puledri non si sciolga la catena.