Scriverò di Mara Di Fabio, cinque anni più di me, ma mi sento insufficiente. Una vita è qualcosa d’immenso. Darò una visione mia, parziale di lei. Lei è la star accanto a Adriano Spatola ne IL MOSTRO VERDE (1967 film 2 schermi di Paolo Menzio pittore-scultore e me, lui con Paillard 16mm. ma anche acting come me). Se Warhol (del Leone come lei, ma di 4 anni più vecchio) avesse conosciuto Mara (la butto lì), l’avrebbe amata per l’eccentricità come amò la brasiliana Carmen Miranda. Accosto le due perché penso alla vivacità creativa della Mara 1967 (per chi non lo sappia, Miranda portava in testa nei suoi musical acconciature di frutta tropicale la più varia e Mara si faceva dei turbanti uscendo di casa). Avrebbe avuto tutti i numeri per diventare secondo me un’immagine pop di Warhol, ma noi stavamo a Torino e non a New York, anche se Taylor Mead quando passò di qui disse che era come New York. Lui fu pure ospitato da Pia (allora Epremian) e Paolo lo filmò nel paradiso terrestre ad inizio del Mostro verde, era il serpente, ma i suoi frames sono andati persi.

JONAS MEKAS
A Torino nel 67 Jonas Mekas portò all’Unione Culturale di Fadini e alla Galleria d’Arte Moderna i film di Warhol, Brackhage, Anger, Snow, Markopoulos (Ron Rice l’aveva già portato Taylor Mead un po’ prima) e altri del New American Cinema, e fummo amici tutta la vita. In sala vedevamo i film di Pasolini (in tre anni passò da Uccellacci e uccellini (1966) a Edipo Re (’67) e Teorema del ’68). Il ’67 fu anche l’anno di Belle de Jour di Buñuel (per me fu anche la rivelazione di Pierre Clementi oltre l’amore per Buñuel) accanto a Edipo Re che andai a vedere alla Mostra di Venezia (fui raggiunto da Mariella e decidemmo di fare le pubblicazioni di nozze al ritorno).

LA LUNA
Comunque Mara aveva in qualche modo la vulcanicità di Carmen Miranda. Per tornare sulla terra (lasciamo il viaggio sulla luna a Méliès e Fritz Lang, anche se di Mara ricordo un giorno tutta una dissertazione molto ispirata sulla luna e la donna, con excursus nella storia) lei l’avevo conosciuta quando son venuto a vivere a Torino. Ho fatto per anni il pendolare da Chivasso con Giorgio (Piazzano), Loris (Dominietto) e Pia (De Silvestris, ora Vergine), pur loro nel nostro cinema e amici di Mara. Il cinema underground diventò allora il connettivo di tutti noi. Di Chivasso era pure Cesare Acutis l’ispanista, amico di Mara e presenza base per Pia (allora Epremian) in Proussade, Doppio suicidio ecc, così come Mara fu anche attrice per Mauro Chessa il pittore. Comunque con lei non so più in quale casa ci siamo incontrati, ma era il periodo che ci si frequentava molto e passavamo da una casa all’altra. Il nostro era l’ambiente dei pittori, figurativi e non, allora si era a questo bivio della pittura. Era nata l’arte povera, concettuale di Paolini, Venere degli stracci di Pistoletto, tappeti di gommapiuma di Gilardi e poi Boetti – Il 67 è stato un anno esplosivo per me e per tutti, era un momento di grande eccitamento… era tutto molto empirico allora – (lui e l’Afghanistan, ma anch’io e Mariella… più tardi a Roma a casa di Pia e Adamo divenni amico di Anne Marie Sauzeau la moglie). Ma per noi era sopratutto la casa dei Merz (ne Il mostro verde c’è tutta un scena girata tra le lamiere di Marisa che occupavano la casa) oppure quella di Mauro Chessa e la prima moglie Gigliola Carretti pittrice o quella dei Casorati. Dal terrazzo di Francesco e Paola proiettammo il nostro film sul muro della casa di fronte.

ALLEN GINSBERG
Oppure c’era lo studio di Paolo Menzio (qui Allen Ginsberg disse che era il miglior film dell’underground italiano) e ci son scene del Mostro con piramide rossa e parallelepipedo di lui, ma anche la casa di Angela e Mario Rolando, pure loro nel nostro cinema, e la stessa casa di Mara. Qui una notte del 66 col Living Theatre (divenuti nostri amici negli anni all’Unione Culturale, dilagavano nelle nostre case per dormirci) nonostante le raccomandazioni di lei svegliammo sua figlia Martine di 10 anni che dormiva e il mattino doveva alzarsi presto per andare a scuola. Ora lei Martine, medico di mia figlia Giuli, mi racconta della vita della madre, mi mostra le foto. Una in bianco nero è di Mara giovane e bella che recitava nel teatro dell’Officina, un’altra alla manifestazione Se non ora quando. All’Unione Culturale incontravamo Sanguineti, Gruppo 63, e fu in seguito a lui che mostrammo Il mostro verde al festival d’avanguardia a Knokke le Zoute in Belgio, capodanno 68, dove era stato premiato già Polanski. Quell’anno Yoko Ono pre-Beatles dimostrò contro la guerra sotto un lenzuolo tutto il tempo nel salone del Casinò (dove tutti nudi a rotolare nel pallone enorme gonfiato per festeggiare l’arrivo del 68).

PIERRE CLEMENTI
Pierre Clementi girava nella pelliccia lunga fino ai piedi tenendo la pizza del suo 16mm, lo proiettò nell’off-festival. Lo ritrovai al Festival di Taormina presidente della giuria (1997?) e mi fece, abbracciandomi e mostrandomi il cielo, un discorso sulle stelle come Mara mi aveva fatto quello sulla luna e le donne; lui però era che non si controllava più, beveva e nel ’99 sarebbe morto. Ma io dovrei scrivere le mie memorie. Ricordo la nostra Patrizia Vicinelli la poeta «Non sempre ricordano», s’era rifugiata in casa di Mara quando era sfuggita alla polizia a Torino saltando dalla finestra, per fortuna pianoterra. Altro capitolo!

IL MANIFESTO
Con Mara poi cominciammo insieme a leggere Il Manifesto. La sua capacità straordinaria di fare amicizia (le telefonate duravano anche un’ora). Fu tutta la vita amica di Gianni Vattimo il filosofo, nomino solo lui. Divenne amica di Milena Vukotic l’attrice di Buñuel (per dirne uno) attraverso Sergio Verdirame, pianista allievo di Michelangeli, e ogni tanto la nominava. Aveva sposato un membro della famiglia Tedeschi e la figlia Martine Tedeschi mi dice di essere parente in secondo grado di Valeria Bruni Tedeschi, l’attrice-regista italo-francese, e di Carla Bruni.

IL PROFUMO
Lei non potevi non notarla, aveva una pelle dorata (di eterna abbronzatura direbbe un maligno), capelli e occhi grandi nerissimi che ti fissavano e non ti mollavano più; portava il turbante che le avvolgeva i lunghi capelli (un giorno, tanto tempo fa, aveva bisogno di soldi, li tagliò e vendette) e vestiti di sua ideazione. Ricordo il suo amore per il profumo. Per anni, quando ti incontrava, te lo spruzzava addosso con uno spruzzatore di vetro che portava con sé mentre ti inondava di esclamazioni gioiose. La sua storia è degna di un romanzo, la mamma faceva la soubrette in operette in tournée per l’Italia. Mara mi raccontò ancora di Mitzi e dei bombardamenti l’ultima volta che ci siamo visti a casa sua, zeppa di libri e oggetti. Eravamo tornati nel maggio 2017 all’Unione Culturale (50 anni dopo a cura di Fabio Scandura) per la proiezione del Mostro verde e l’underground piemontese e lei lo presentò con me. Era cresciuta dormendo nei bauli dei costumi nei teatri, mascotte della compagnia. In cinema la mamma fece anche la controfigura nei film di Visconti. Nella Milano della guerra Mitzi, una cara amica collega, non era scesa al rifugio perché era ebrea e stava rifugiata nell’alloggio di amici teatranti. Una bomba era caduta, lei c’era rimasta per sempre. Mara ebbe questa prima formazione da favola (favola moderna? No, già antica oggi). Ma lei poi (in un’altra parte della sua vita) divenne studiosa di greco antico e poi sanscrito e lingua ebraica antica. Si trovava con un’amica e studiavano e traducevano pagine dalla Torah.

LE FINESTRE DI PIAZZA VITTORIO
Sono scoppiato a piangere il mattino che ho saputo della morte perché, ogni volta che passavo con l’auto sotto casa sua in piazza Vittorio, alzavo la testa a cercare le due finestre e mi dicevo – Devo andare da Mara – Non ci sono andato ed è finito così. Certi ritardi sono irrimediabili. Ma vorrei, vorrei, non vorrei più, vorrei soltanto, non voglio più, no, vorrei vorrei anch’io TERRA Terra amata. Amata terra. Scrivo. Così l’arrestarsi del movimento storico dell’esistenza – noi che appunto questo movimento… pienamente…