«Decideranno i gruppi dopo aver sentito in commissione il ministro Padoan». All’uscita di Palazzo Chigi, Giuliano Pisapia non si sbilancia. Ieri l’ex sindaco ha esordito come capodelegazione di «Insieme», la potenziale (ancora) formazione nata dall’unione della Ditta degli ex Pd con Campo progressista. Da Gentiloni, a trattare sulla prossima legge di bilancio, c’erano anche i presidenti dei gruppi di Mdp di camera e senato, Francesco Laforgia e Cecilia Guerra.

Non c’era invece Roberto Speranza, coordinatore Mdp. E la sua assenza potrebbe non essere un dettaglio. I suoi fanno sapere che la delegazione era concordata sin dallo scorso 12 settembre. Ma a mezza bocca c’è chi suggerisce che l’assenza è una scelta: per stringere i bulloni con Pisapia, e investirlo della responsabilità di «federare» le due formazioni dopo i toni ancora freddini fra lui e Speranza domenica pomeriggio a Napoli, sul palco della festa di Mdp. Del resto il giovane bersaniano su quello stesso palco ha ripetuto più volte «non mi sento parte della maggioranza», e non dà affatto per scontato il sì alla manovra. Da fonte opposta, versione opposta, e non benevola: sarebbe stato Gentiloni invece a preferire un interlocutore più dialogante, come Pisapia, con l’intento di sminare il cammino dei prossimi voti.
E infatti l’atmosfera del confronto è stata «cordiale», riferisce chi c’era. Un’ora, dalle 10 e mezza. Ma la strada della manovra è ancora lunga e accidentata. Mdp chiede l’abolizione del superticket, «ci sono milioni e milioni di italiani che non hanno la possibilità di curarsi: bisogna intervenire su questo tema, in maniera forte e in discontinuità con il passato», ha riepilogato Pisapia all’uscita da Palazzo Chigi. Più tutele per il lavoro e di lavoratori, penalità per chi licenzia a fine incentivi. Ancora: indicazioni precise sulla messa in sicurezza del nostro territorio. «Niente mance elettorali come già successo troppe volte in passato», ha concluso a nome di Mdp.

Mdp comunque da giorni lascia intendere di non avere intenzione di fare saltare la deroga al pareggio in bilancio in Costituzione, provvedimento precipitosamente votato nel 2012 e sempre derogato, senza il quale la manovra diventerebbe ’lacrime e sangue’. Il voto arriverà già domani in senato, e il pallottoliere di palazzo Madama è ragionevolmente tranquillo: non ci saranno problemi per i 161 voti necessari al provvedimento.
Altro però è il voto sulla nota di aggiornamento del Def, dove si comincia a vedere il merito della legge. Come altro è la manovra stessa. Su questo Mdp non garantisce voti gratis. Lo ha spiegato ieri Bersani a Radio Radicale: «Troveremo il modo di non far venire la Troika, ma a chi ci chiede senso di responsabilità diciamo di non preoccuparsi del nostro ma del loro. Perché se cercate i nostri voti sulla finanziaria e poi quelli di Berlusconi e Lega sulla legge elettorale siete voi gli irresponsabili».

La legge elettorale, il Rosatellum 2.0 che Mdp definisce «imbrogliellum», arriverà alla camera il 10 ottobre. Quanto alla manovra il premier Gentiloni ha spiegato ai tre di Mdp di avere margini stretti. Ma che tuttavia la legge avrà i quattro capitoli che stanno a cuore a Pisapia e compagni (lavoro, investimenti, sanità e lotta alla povertà). E che il segnale di apertura «arriverà». Una promessa che può avere due intenti: intanto mettere in sicurezza il voto di domani. Ma anche far riaffiorare subito dopo le divergenze fra Mdp e Pisapia. Divergenze utili al governo, ma soprattutto vitali per la campagna elettorale del Pd, che continua a offrire «dialogo» all’ex sindaco a condizione che si stacchi dalla Ditta D’Alema&Bersani.