La legge di bilancio dovrebbe essere consegnata oggi alla Camera. Quasi certamente non arriverà nulla. Con il week-end di mezzo che sarà mai uno slittamento fino a lunedì prossimo? Tre giorni in più utili, forse preziosi, per limare e correggere. Secondo Renato Brunetta però non serviranno solo a questo. Citando anonime fonti del ministero del Tesoro il capogruppo di Fi alla Camera accusa il governo di star praticamente scrivendo due manovre diverse, una in inglese a uso Ue e una, quella vera, in italiano. Chiede e non ottiene chiarimenti. E’ difficile immaginare che un truffa del genere possa esser stata davvero architettata, ma il forzista mette effettivamente il dito nella piaga.

All’Unione europea la manovra di Matteo Renzi non piace neanche un po’. Un’indiscrezione pubblicata ieri da Repubblica sostiene che la lettera di monito sarebbe già pronta, e il guaio sarebbe grosso perché si tratterebbe dell’anticamera del respingimento. Gianni Pittella, capogruppo dei Socialisti&Democratici all’europarlamento, smentisce ma per modo di dire: «La legge è stata inviata due giorni fa. Pensare che ci sia già una lettera di richiamo della Commissione mi sembra un’invenzione». Questione di tempi e cronometro, insomma. L’obiezione, in sé, è di scarso rilievo, il punto essendo chiaramente non sapere se la missiva sia già stata vergata o meno, ma se sia stata decisa. Come lo stesso Pittella e il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda prima di lui fanno capire, la trattativa è già in corso e proseguirà sino all’ultimo.

I punti chiave sono in realtà due. C’è quello 0,1%, pari a 1,6 miliardi, sul quale la Commissione inevitabilmente si impunterà. Poco male. E’ addirittura possibile che il rapporto deficit/Pil sia stato alzato di un decimale rispetto al tetto massimo fissato da Jean-Claude Juncker a Bratislava proprio per poterne fare strumento di contrattazione. Però sarebbe meglio cedere dopo il referendum del 4 dicembre, perché i regali a scopo elettorale sono tanti ma piccoli, il che sconsiglia di abbassarli prima del voto e la lettera obbligherebbe invece a intervenire subito.

Il problema grosso però sorgerebbe se, invece di affrontare la legge con la logica ragionieristica di cui sopra, la Commissione dovesse criticare l’impianto della manovra, basato su misure una tantum invece che su provvedimenti strategici e strutturali. Allora sì che tutto tornerebbe in alto mare, ma Renzi e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, probabilmente a ragione, sono certi che alla fine, più o meno obtorto collo, i calcoli politici prevarranno su quelli finanziari e la Commissione concederà il visto.

Gli ostacoli però non stanno solo a Bruxelles. Mezzo Pd, non solo la minoranza, è in rivolta di fronte all’estensione del condono, pardon della voluntary disclosure che suona meglio, al contante. «Qualsiasi lavaggio di lavoro nero è un condono. Se fanno la legge come annunciato il Parlamento la cambia», assicura tassativo il presidente della commissione Bilancio della Camera Francesco Boccia.

Renzi affronta la doppia prova forte del sostegno totale del presidente uscente degli Stati uniti, incassato con immenso fragore mediatico a Washington. Un po’ perché si sente più forte, molto per conquistare l’elettorato di destra sa di dover alzare la voce con l’Europa, si prepara ad affrontare il doppio ostacolo a muso duro. «La legge – tuona infatti dagli Usa il presidente del consiglio – rispetta totalmente le regole europee. Quanto alla procedura d’infrazione, l’aspettiamo. Ma è quella che la Ue deve fare per i Paesi che non hanno accolto i migranti».
Gli stessi toni Matteo Renzi userà nel corso del Consiglio europeo di oggi e domani, con all’ordine del giorno proprio l’emergenza immigrazione. Parlerà di profughi e non mancherà di protestare per il pessimo trattamento riservato all’Italia. Ma si rivolgerà soprattutto a chi deve decidere se promuovere o no la sua legge di bilancio.